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cantico del gallo silvestre | 161 |
quell’ora, eziandio senza materia alcuna speciale e determinata,
inclinano sopra tutto alla gioconditá, o sono disposti
piú che negli altri tempi alla pazienza dei mali. Onde se alcuno,
quando fu sopraggiunto dal sonno, trovavasi occupato
dalla disperazione; destandosi, accetta novamente nell’animo
la speranza, quantunque ella in niun modo se gli convenga.
Molti infortuni e travagli propri, molte cause di timore e di affanno, paiono in quel tempo minori assai che non parvero la sera innanzi. Spesso ancora, le angosce del dí passato sono volte in dispregio, e quasi per poco in riso, come effetto di errori, e d’immaginazioni vane. La sera è comparabile alla vecchiaia; per lo contrario, il principio del mattino somiglia alla giovinezza: questo per lo piú racconsolato e confidente; la sera trista, scoraggiata e inchinevole a sperar male. Ma come la gioventú della vita intera, cosí quella che i mortali provano in ciascun giorno, è brevissima e fuggitiva; e prestamente anche il dí si riduce per loro in etá provetta.
Il fior degli anni, se bene è il meglio della vita, è cosa pur misera. Non per tanto, anche questo povero bene manca in sí piccolo tempo, che quando il vivente a piú segni si avvede della declinazione del proprio essere, appena ne ha sperimentato la perfezione, né potuto sentire e conoscere pienamente le sue proprie forze, che giá scemano. In qualunque genere di creature mortali, la massima parte del vivere è un appassire. Tanto in ogni opera sua la natura è intenta e indirizzata alla morte: poiché non per altra cagione la vecchiezza prevale sí manifestamente, e di sí gran lunga, nella vita e nel mondo. Ogni parte dell’universo si affretta infaticabilmente alla morte, con sollecitudine e celeritá mirabile. Solo l’universo medesimo apparisce immune dallo scadere e languire: perocché, se nell’autunno e nel verno si dimostra quasi infermo e vecchio, nondimeno sempre alla stagione nuova ringiovanisce. Ma siccome i mortali, se bene in sul primo tempo di ciascun giorno riacquistano alcuna parte di giovanezza, pure invecchiano tutto dí, e finalmente si estinguono; cosí l’universo, benché nel principio degli anni ringiovanisca, nondimeno