Pagina:Leopardi, Giacomo – Operette morali, 1928 – BEIC 1857808.djvu/160

154 operette morali


considerando che gli uomini, come sono infelicissimi sopra tutti gli altri animali, eziandio sono dilettati piú che qualunque altro, da ogni non travagliosa alienazione di mente, dalla dimenticanza di se medesimi, dalla intermissione, per cosí dire, della vita; donde, o interrompendosi o per qualche tempo scemandosi loro il senso e il conoscimento dei propri mali, ricevono non piccolo benefizio. E in quanto al riso, vedesí che i selvaggi, quantunque di aspetti seri e tristi negli altri tempi, pure nella ubbriachezza ridono profusamente; favellando ancora molto e cantando, contro al loro usato. Ma di queste cose tratterò piú distesamente in una storia del riso, che ho in animo di fare: nella quale, cercato che avrò del nascimento di quello, seguiterò narrando i suoi fatti e i suoi casi e le sue fortune, da indi in poi, fino a questo tempo presente; nel quale egli si trova essere in dignitá e stato maggiore che fosse mai; tenendo nelle nazioni civili un luogo, e facendo ufficio, coi quali esso supplisce per qualche modo alle parti esercitate in altri tempi dalla virtú, dalla giustizia, dall’onore e simili; e in molte cose raffrenando e spaventando gli uomini dalle male opere. Ora conchiudendo del canto degli uccelli, dico, che imperocché la letizia veduta o conosciuta in altri, della quale non si abbia invidia, suole confortare e rallegrare; però molto lodevolmente la natura provvide che il canto degli uccelli, il quale è dimostrazione di allegrezza, e specie di riso, fosse pubblico; dove che il canto e il riso degli uomini, per rispetto al rimanente del mondo, sono privati: e sapientemente operò che la terra e l’aria fossero sparse di animali che tutto dí, mettendo voci di gioia risonanti e solenni, quasi applaudissero alla vita universale, e incitassero gli altri viventi ad allegrezza, facendo continue testimonianze, ancorché false, della felicitá delle cose.

E che gli uccelli sieno e si mostrino lieti piú che gli altri animali, non è senza ragione grande. Perché veramente, come ho accennato a principio, sono di natura meglio accomodati a godere e ad essere felici. Primieramente non pare che sieno sottoposti alla noia. Cangiano luogo a ogni tratto; passano da