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136 | operette morali |
l’uomo giá nella puerizia fu esperto, addottrinato e guasto; la
vecchiezza divenne, non dico giá venerabile, che da indi innanzi
molto poche cose furono capaci di questo titolo, ma piú
tollerabile delle altre etá. Perocché il fervore dell’animo e la
gagliardia del corpo, che per l’addietro, giovando all’immaginativa
ed alla nobiltá dei pensieri, non di rado erano state
in qualche parte cagione di costumi, di sensi e di opere virtuose,
furono solamente stimoli e ministri del mal volere o del
male operare, e diedero spirito e vivezza alla malvagitá; la
quale nel declinare degli anni, fu mitigata e sedata dalla freddezza
del cuore, e dall’imbecillitá delle membra; cose per altro
piú conducenti al vizio che alla virtú. Oltre che la stessa molta
esperienza e notizia delle cose umane, divenute al tutto inamabili,
fastidiose e vili, in luogo di volgere all’iniquitá i buoni
come per lo passato, acquistò forza di scemarne e talvolta spegnerne
l’amore nei tristi. Laonde, in quanto ai costumi, parlando
della vecchiezza a comparazione delle altre etá, si può
dire che ella fosse nei primi tempi, come è al buono il migliore;
nei tempi corrotti, come al cattivo il pessimo; nei seguenti
e peggiori al contrario.
capitolo quinto.
Ragionava spesso di quella qualitá di amor proprio che oggi è detta egoismo; porgendosegli, credo io, frequentemente l’occasione di entrarne in parole. Nella qual materia narrerò qualcuna delle sue sentenze. Diceva che oggidí, qualora ti è lodato alcuno, o vituperato, di probitá o del contrario, da persona che abbia avuto a fare seco, o che di presente abbia; tu non ricevi da quel tale altra contezza, se non che questa persona che lo biasima o loda, è bene o male soddisfatta di lui; bene, se lo rappresenta per buono; male, se per malvagio.
Negava che alcuno a questi tempi possa amare senza rivale; e dimandato del perché, rispondeva: perché certo l’amato o l’amata è rivale ardentissimo dell’amante.