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l’uomo giá nella puerizia fu esperto, addottrinato e guasto; la vecchiezza divenne, non dico giá venerabile, che da indi innanzi molto poche cose furono capaci di questo titolo, ma piú tollerabile delle altre etá. Perocché il fervore dell’animo e la gagliardia del corpo, che per l’addietro, giovando all’immaginativa ed alla nobiltá dei pensieri, non di rado erano state in qualche parte cagione di costumi, di sensi e di opere virtuose, furono solamente stimoli e ministri del mal volere o del male operare, e diedero spirito e vivezza alla malvagitá; la quale nel declinare degli anni, fu mitigata e sedata dalla freddezza del cuore, e dall’imbecillitá delle membra; cose per altro piú conducenti al vizio che alla virtú. Oltre che la stessa molta esperienza e notizia delle cose umane, divenute al tutto inamabili, fastidiose e vili, in luogo di volgere all’iniquitá i buoni come per lo passato, acquistò forza di scemarne e talvolta spegnerne l’amore nei tristi. Laonde, in quanto ai costumi, parlando della vecchiezza a comparazione delle altre etá, si può dire che ella fosse nei primi tempi, come è al buono il migliore; nei tempi corrotti, come al cattivo il pessimo; nei seguenti e peggiori al contrario.

capitolo quinto.

Ragionava spesso di quella qualitá di amor proprio che oggi è detta egoismo; porgendosegli, credo io, frequentemente l’occasione di entrarne in parole. Nella qual materia narrerò qualcuna delle sue sentenze. Diceva che oggidí, qualora ti è lodato alcuno, o vituperato, di probitá o del contrario, da persona che abbia avuto a fare seco, o che di presente abbia; tu non ricevi da quel tale altra contezza, se non che questa persona che lo biasima o loda, è bene o male soddisfatta di lui; bene, se lo rappresenta per buono; male, se per malvagio.

Negava che alcuno a questi tempi possa amare senza rivale; e dimandato del perché, rispondeva: perché certo l’amato o l’amata è rivale ardentissimo dell’amante.