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130 | operette morali |
sono da porgere. — Massimamente, diceva, quando la instanza
non sia tale, che ella, per la parte di chi è pregato o richiesto,
si possa soddisfare presentemente, con solo o poco piú che
un semplice acconsentirla; io reputo che nelle persone il giubilo
sia cosa, a impetrar che che sia da esse, non manco
inopportuna e contraria che il dolore. Perciocché l’una e l’altra
passione riempiono parimente l’uomo del pensiero di se medesimo,
in guisa che non lasciano luogo a quelli delle cose altrui.
Come nel dolore il nostro male, cosí nella grande allegrezza
il bene, tengono intenti e occupati gli animi, e inetti alla cura
dei bisogni e desiderii d’altri. Dalla compassione specialmente,
sono alienissimi l’uno e l’altro tempo; quello del dolore, perché
l’uomo è tutto vòlto alla pietá di se stesso; quello della
gioia, perché allora tutte le cose umane, e tutta la vita, ci si
rappresentano lietissime e piacevolissime; tanto che le sventure
e i travagli paiono quasi immaginazioni vane, o certo se ne
rifiuta il pensiero, per essere troppo discorde dalla presente
disposizione del nostro animo. I migliori tempi da tentar di
ridurre alcuno a operar di presente, o a risolversi di operare,
in altrui beneficio, sono quelli di qualche allegrezza placida
e moderata, non istraordinaria, non viva; o pure, ed anco
maggiormente, quelli di una cotal gioia, che, quantunque viva,
non ha soggetto alcuno determinato, ma nasce da pensieri vaghi,
e consiste in una tranquilla agitazione dello spirito. Nel quale
stato, gli uomini sono piú disposti alla compassione che mai,
piú facili a chi li prega, e talvolta abbracciano volentieri
l’occasione di gratificare gli altri, e di volgere quel movimento
confuso e quel piacevole impeto de’ loro pensieri, in qualche
azione lodevole. —
Negava similmente che l’infelice, narrando o come che sia dimostrando i suoi mali, riporti per l’ordinario maggior compassione e maggior cura da quelli che hanno con lui maggiore conformitá di travagli. Anzi questi in udire le tue querele, o intendere la tua condizione, in qualunque modo, non attendono ad altro che ad anteporre seco stessi, come piú gravi, i loro a’ tuoi mali: e spesso accade che, quando piú ti pensí che sieno