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detti memorabili di f. ottonieri - cap ii | 125 |
buone e belle cose, e dicale molto bene; acciocché dai lettori
gli sia perdonato quel parlar sempre. Altrimenti è forza che
cosí venga in odio qualunque libro, come ogni parlatore insaziabile. —
capitolo secondo.
Non ammetteva distinzione dai negozi ai trastulli; e sempre che era stato occupato in qualunque cosa, per grave che ella fosse, diceva d’essersi trastullato. Solo se talvolta era stato qualche poco d’ora senza occupazione, confessava non avere avuto in quell’intervallo alcun passatempo.
Diceva che i diletti piú veri che abbia la nostra vita sono quelli che nascono dalle immaginazioni false; e che i fanciulli trovano il tutto anche nel niente, gli uomini il niente nel tutto.
Assomigliava ciascuno de’ piaceri chiamati comunemente reali, a un carciofo di cui, volendo arrivare alla castagna, bisognasse prima rodere e trangugiare tutte le foglie. E soggiungeva che questi tali carciofi sono anche rarissimi; che altri in gran numero se ne trovano, simili a questi nel di fuori, ma dentro senza castagna; e che esso, potendosi difficilmente adattare a ingoiarsi le foglie, era contento per lo piú di astenersi dagli uni e dagli altri.
Rispondendo a uno che l’interrogò, qual fosse il peggior momento della vita umana, disse: — Eccetto il tempo del dolore, come eziandio del timore, io per me crederei che i peggiori momenti fossero quelli del piacere; perché la speranza e la rimembranza di questi momenti, le quali occupano il resto della vita, sono cose migliori e piú dolci assai degli stessi diletti. E paragonava universalmente i piaceri umani agli odori: perché giudicava che questi sogliano lasciare maggior desiderio di sé che qualunque altra sensazione, parlando proporzionatamente al diletto; e di tutti i sensi dell’uomo, il piú lontano da potere esser fatto pago dai propri piaceri, stimava che fosse l’odorato. Anche paragonava gli odori all’aspettativa de’ beni; dicendo che quelle cose odorifere che sono buone a mangiare,