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de’ contemporanei, che quantunque paia grandissima ai presenti, sarebbe riuscita agli antichi o menoma o nulla, eziandio ne’ tempi e nei popoli che furono anticamente piú inciviliti o piú corrotti. E misurando la singolaritá di Gian Giacomo Rousseau, che parve singolarissimo ai nostri avi, con quella di Democrito e dei primi filosofi cinici, soggiungeva che oggi chiunque vivesse tanto diversamente da noi quanto vissero quei filosofi dai greci del loro tempo, non sarebbe avuto per uomo singolare, ma nella opinione pubblica, sarebbe escluso, per dir cosí, dalla specie umana. E giudicava che dalla misura assoluta della singolaritá possibile a trovarsi nelle persone di un luogo o di un tempo qualsivoglia, si possa conoscere la misura della civiltá degli uomini del medesimo luogo o tempo.

Nella vita, quantunque temperatissimo, si professava epicureo, forse per ischerzo piú che da senno. Ma condannava Epicuro; dicendo che ai tempi e nella nazione di colui, molto maggior diletto si poteva trarre dagli studi della virtú e della gloria che dall’ozio, dalla negligenza, e dall’uso delle voluttá del corpo; nelle quali cose quegli riponeva il sommo bene degli uomini. Ed affermava che la dottrina epicurea, proporzionatissima all’etá moderna, fu del tutto aliena dall’antica.

Nella filosofia, godeva di chiamarsi socratico; e spesso, come Socrate, s’intratteneva una buona parte del giorno ragionando filosoficamente ora con uno ora con altro, e massime con alcuni suoi familiari, sopra qualunque materia gli era somministrata dall’occasione. Ma non frequentava, come Socrate, le botteghe de’ calzolai, de’ legnaiuoli, de’ fabbri e degli altri simili; perché stimava che se i fabbri e i legnaiuoli di Atene avevano tempo da spendere in filosofare, quelli di Nubiana, se avessero fatto altrettanto, sarebbero morti di fame. Né anche ragionava, al modo di Socrate, interrogando e argomentando di continuo; perché diceva che, quantunque i moderni sieno piú pazienti degli antichi, non si troverebbe oggi chi sopportasse di rispondere a un migliaio di domande continuate, e di ascoltare un centinaio di conclusioni. E per