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il parini - capitolo v | 97 |
diletto che vi si prova, nasce semplicemente dalla stessa fama.
Nel qual proposito mi tornano ora alla mente alcune avvertenze
notabili di un filosofo francese34; il quale in sostanza,
discorrendo intorno alle origini dei piaceri umani, dice cosí.
«Molte cause di godimento compone e crea l’animo stesso
nostro a sé proprio, massime collegando tra loro diverse cose.
Perciò bene spesso avviene che quello che piacque una volta,
piaccia similmente un’altra; solo per essere piaciuta innanzi;
congiungendo noi coll’immagine del presente quella del passato.
Per modo di esempio, una commediante piaciuta agli spettatori
nella scena, piacerá verisimilmente ai medesimi anco nelle sue
stanze; perocché sí del suono della sua voce, sí della sua recitazione,
sí dell’essere stati presenti agli applausi riportati dalla
donna, e in qualche modo eziandio del concetto di principessa
aggiunto a quel proprio che le conviene, si comporrá quasi
un misto di piú cause, che produrranno un diletto solo. Certo
la mente di ciascuno abbonda tutto giorno d’immagini e di
considerazioni accessorie alle principali. Di qui nasce che le
donne fornite di riputazione grande, e macchiate di qualche
difetto piccolo, recano talvolta in onore esso difetto, dando
causa agli altri di tenerlo in conto di leggiadria. E veramente
il particolare amore che ponghiamo chi ad una chi ad altra
donna, è fondato il piú delle volte in sulle sole preoccupazioni
che nascono in colei favore o dalla nobiltá del sangue, o dalle
ricchezze, o dagli onori che le sono renduti o dalla stima che
le è portata da certi»; spesso eziandio dalla fama, vera o falsa,
di bellezza o di grazia, e dallo stesso amore avutole prima o
di presente da altre persone. E chi non sa che quasi tutti i
piaceri vengono piú dalla nostra immaginativa, che dalle proprie
qualitá delle cose piacevoli?
Le quali avvertenze quadrando ottimamente agli scritti non meno che alle altre cose, dico che se oggi uscisse alla luce un poema uguale o superiore di pregio intrinseco all’Iliade, letto anche attentissimamente da qualunque piú perfetto giudice di cose poetiche, gli riuscirebbe assai men grato e men dilettevole di quella; e per tanto gli resterebbe in molto minore