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4 | operette morali |
prima vivacitá, non riusciva loro di gran lunga cosí dilettevole
e grata come a principio. Andavano per la terra visitando
lontanissime contrade, poiché lo potevano fare agevolmente,
per essere i luoghi piani, e non divisi da mari, né
impediti da altre difficoltá; e dopo non molti anni, i piú di
loro si avvidero che la terra, ancorché grande, aveva termini
certi, e non cosí larghi che fossero incomprensibili; e che
tutti i luoghi di essa terra e tutti gli uomini, salvo leggerissime
differenze, erano conformi gli uni agli altri. Per le quali
cose cresceva la loro mala contentezza, di modo che essi non
erano ancora usciti della gioventú, che un espresso fastidio
dell’esser loro gli aveva universalmente occupati. E di mano
in mano nell’etá virile, e maggiormente in sul declinare degli
anni, convertita la sazietá in odio, alcuni vennero in sí fatta
disperazione, che non sopportando la luce e lo spirito, che
nel primo tempo avevano avuti in tanto amore, spontaneamente,
quale in uno e quale in altro modo, se ne privarono.
Parve orrendo questo caso agli dèi, che da creature viventi la morte fosse preposta alla vita, e che questa medesima in alcun suo proprio soggetto, senza forza di necessitá e senza altro concorso, fosse istrumento a disfarlo. Né si può facilmente dire quanto si maravigliassero che i loro doni fossero tenuti cosí vili e abbominevoli, che altri dovesse con ogni sua forza spogliarseli e rigettarli; parendo loro aver posta nel mondo tanta bontá e vaghezza, e tali ordini e condizioni che quella stanza avesse ad essere, non che tollerata, ma sommamente amata da qualsivoglia animale, e dagli uomini massimamente, il qual genere avevano formato con singolare studio a maravigliosa eccellenza. Ma nel medesimo tempo, oltre all’essere tocchi da non mediocre pietá di tanta miseria umana quanta manifestavasi dagli effetti, dubitavano eziandio che, rinnovandosi e moltiplicandosi quei tristi esempi, la stirpe umana fra poca etá, contro l’ordine dei fati, venisse a perire, e le cose fossero private di quella perfezione che risultava loro dal nostro genere, ed essi di quegli onori che ricevevano dagli uomini.