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XV
IL SOGNO
Era il mattino, e tra le chiuse imposte
per lo balcone insinuava il sole
nella mia cieca stanza il primo albore;
quando in sul tempo che piú leve il sonno
5e piú soave le pupille adombra,
stettemi allato e riguardommi in viso
il simulacro di colei che amore
prima insegnommi, e poi lasciommi in pianto.
Morta non mi parea, ma trista, e quale
10degl’infelici è la sembianza. Al capo
appressommi la destra, e sospirando,
vivi, mi disse, e ricordanza alcuna
serbi di noi? Donde, risposi, e come
vieni, o cara beltá? Quanto, deh quanto
15di te mi dolse e duol: né mi credea
che risaper tu lo dovessi; e questo
facea piú sconsolato il dolor mio.
Ma sei tu per lasciarmi un’altra volta?
Io n’ho gran tema. Or dimmi, e che t’avvenne?
20Sei tu quella di prima? E che ti strugge
internamente? Obblivione ingombra