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bibliografico del volume, nel «Nuovo Ricoglitore» del 1825 (numeri di ottobre e dicembre). I criteri di fedeltá all’ortografia del Leopardi seguiti per le poesie sono stati conservati nel riprodurre queste prose di epoche diverse: sicché il lettore avrá modo di osservare come nel Leopardi non solo lo stile, ma anche la riproduzione grafica delle parole acquistasse una sempre maggiore evidenza e semplicitá. Il testo delle Annotazioni essendo apparso un poco modificato nel «Nuovo Ricoglitore», è stata prescelta questa forma, ma si sono date in nota le varianti dell’edizione Nobili, quand’anche fossero di piccola entitá. All’annuncio bibliografico il Moroncini ha creduto di dover dare il titolo di Critica, che è nell’autografo; non si tratta però se non del nome della rubrica in cui andava inserito l’articolo, nèl «Nuovo Ricoglitore». La Notizia dell’edizione Starita compare qui unicamente come fu compilata nel 1835. Nella «Starita corretta» quest’avvertenza porta parecchie mutazioni e aggiunte, tutte di mano del Ranieri, che hanno indotto qualcuno a pubblicarla anche in quest’altra forma; ma, a parte il dubbio che il Leopardi volesse parlare di edizione «parigina» prima d’averla definitivamente combinata, non sembra probabile ch’egli avesse tanto rispetto per la propria Notizia da mettere solo in fondo, dopo aver menzionato le note, che li erano «aggiunti i canti XXXIII e XXXIV, finora non istampati». Non sará stato piuttosto il Ranieri a completare il testo, cercando di discostarsi il meno possibile dal Leopardi, e magari riprendendone le espressioni («sono aggiunti undici componimenti non piú stampati»)?
La terza parte dell’Appendice è data dalle varianti delle diverse edizioni che ebbero, anche per interposta persona, le cure del Leopardi. Trascurate, in linea di massima, le varianti puramente ortografiche, di cui dánno un’idea gli scritti radunati nella seconda parte dell’Appendice, sono state accolte invece le varianti d’interpunzione, che possono anche indicare dei mutamenti intervenuti nelle pause del verso. Le varianti degli autografi sono state risolutamente lasciate da parte, per una ragione di metodo, giacché si trattava di rappresentare le tappe successive del gusto poetico del Leopardi, l’espressione che di volta in volta gli era parsa definitiva, ma poi era stata sempre rimessa in forse: come ebbe a notare giustamente il Debenedetti pubblicando i Frammenti autografi dell’Ariosto, le varianti dei manoscritti, anche se