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costituito il testo si potevano soltanto supporre. Fu poi il Moroncini a chiarire definitivamente che sull’esemplare recanatese il Ranieri aveva riportato, del resto abbastanza esattamente, le particolaritá di quello napoletano, per non separarsi (com’era giusto) da un cimelio prezioso al momento della stampa1. Non pare tuttavia che i materiali di cui il Ranieri non si curò di ottenere la restituzione fossero preparati appositamente per l’edizione Le Monnier, come ritenne il Moroncini: il Mestica, nella sua prefazione del 1886, si richiamava invece, a ragione, al progetto dell’edizione Baudry, per via delle indicazioni in francese scritte sia sul fascicolo dei Canti, come sugli altri che costituivano le Opere (Premier cahier, ecc.)2.
Trovato un fondamento cosí sicuro per il suo testo, il Moroncini si propose di riprodurre quasi diplomaticamente quella che con lui chiameremo la «Starita corretta», emendando cioè solo sviste ed errori di stampa, o che a lui sembrassero tali. Egli diede anche, con un metodo che fu molto discusso, le varianti di tutte le stampe originali e di tutti i manoscritti conosciuti; e non è da stupire se, in tanta congerie, le omissioni e gli equivoci fossero parecchi. Ma il testo fu oggetto delle cure piú diligenti; tanto che sono due in tutto gli errori di stampa che si riescono ad aggiungere a quello (XXVIII, 2) che il Moroncini stesso additò nell’errata-corrige: ohimè per oimè in XVII, 46 e d’ogni intorno per d’ogn’intorno in XXXIX, 643.
III
Da quella del Moroncini (1927) in poi, a fondamento di ogni edizione dei Canti, e perciò anche della presente, deve porsi dunque l’esemplare della Starita corretto dal Leopardi, e dal Ranieri sotto la sua direzione, che è conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli. Esso è riprodotto qui con una sostanziale fedeltà, che supera forse quella del Moroncini, malgrado le maggiori differenze apparenti.