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taneamente la berta a certi pedanti. Le varianti né pure sarei d’avviso di darle, anche perché l’autore ha preparato da sé, com’io giá le scrissi, i canti e parte delle prose, ed a noi non parmi che possa esser lecito di porci le mani; in oltre egli mutava sempre per non lievi cagioni; e mi diceva di queste ultime correzioni preparate per il Baudry, che veramente (come si dice in Firenze) gli finivano, cioè fermamente e ultimamente gli piacevano; e che non voleva mai piú ritornarci sopra»1. Il Leopardi, invece, si mise al lavoro sicuramente dopo poco ch’era comparsa l’edizione Starita; e se anche gli piacque chiamare «edizione Baudry» quella che adagio adagio cosí preparava, quasi sempre correggendo da sé e solo qualche volta dettando al Ranieri, non ebbe il tempo di pensarla come una realtá immutabile, cui sacrificare la propria incontentabilitá artistica. Ma il Ranieri riponeva ormai ogni sua ambizione nell’esser considerato il depositario degl’intimi propositi del Leopardi, ed era capace di parziali alterazioni del vero, se gli sembrava che servissero agli scopi della sua sostanziale fedeltá interpretativa. Cosí al conte Monaldo, il 18 luglio 1837, fece credere le cose inedite del figlio «giá prima della sventura state mandate da Giacomo al Baudry libraio in Parigi»2, perché quegli non tentasse d’impedirne la stampa.

L’edizione Baudry non si fece. Il Baudry prima tergiversò3, poi dismise l’idea, sconsigliatone, come aveva previsto il Leopardi, dal Tommaseo e dai suoi amici cattolici. Consentí invece, nel 1842, a lasciar porre il nome della propria ditta sul frontispizio dei Paralipomeni, stampati però a spese del Ranieri in una piccola tipografia parigina4; e in quell’epoca ci fu qualche speranza di convincerlo a riprendere il progetto dell’edizione maggiore, se è da ritenere non del tutto infondato quanto scriveva il Ranieri al Vieusseux, il 24 giugno 18425. Ma solamente nell’ottobre dell’anno successivo il Ranieri, entrando in rapporti con Felice Le Monnier, poteva porre le prime basi della famosa edizione fiorentina delle Opere del Leopardi, uscita poi nel marzo del 1845,



  1. Piergili, p. 271.
  2. Piergili, p. 253.
  3. Bresciano, p. 247 (lettera di Luigi de Sinner al Ranieri del 23 maggio 1838).
  4. Cfr., fra l’altro, Bresciano, p. 273 (lettera del Giordani al Ranieri dell’8 settembre 1840, erroneamente datata dagli editori 1843).
  5. N. Serban, Lettres inèdites relatives à Giacomo Leopardi, Paris, Champion, 1913, pp. 44-45.