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256 nota

XXXI, 51) il Leopardi cercò di ovviare, facendo raschiar via la lettera sbagliata, e porre in suo luogo quella giusta1; ma la correzione fu eseguita su poche copie, forse solo su quante risultavano destinate all’autore. E quasi egualmente spiacevole dovette essere il caso di tre nuovi errori introdotti proprio all’ultimo, durante la tiratura (una virgola di troppo al v. 21, tre al v. 41, e un le per la al v. 51 di XXIX), quando avvenne un guaio che non sappiamo alle pp. 133-136, sí che furono tagliate via e sostituite con un carticino. È vero che, in compenso, si corresse allora in quanto il quando di XXIX, 72, che magari era stato la prima causa dell’incidente2, e si pose una virgola in fondo a XXIX, 63.

6 a. — Le medesime caratteristiche bibliografiche si dovrebbero dare di una contraffazione dell’edizione Starita, che solo il Moroncini riconobbe come tale senz’esitare4; senonché le pagine qui sono 176 invece di 177, mancando l’errata-corrige. A parte la scorrettezza tipografica, che oltrepassa i limiti del lecito, e i caratteri tutti diversi da quelli usati dalla Stamperia dell’Aquila per le autentiche edizioni Starita, chi avesse ancora qualche dubbio, e volesse rievocare la leggenda di una primitiva edizione curata dal Ranieri, e poi rifiutata e fatta rifare dal Leopardi, avrebbe la prova migliore della contraffazione a p. 130, dove, caduto un verso (XXVII, 83) per via, rimane un vuoto in fondo, perché la pagina seguente continui a corrispondere esattamente alla p. 131 degli esemplari autentici.

6 b. — Canti | di | Giacomo Leopardi | Edizione | corretta, e notabilmente accresciuta | Firenze | nella Stamperia Piatti | 1836.

  1. Certo premuti a mano sulle due raschiature, non sempre i nuovi caratteri tipografici risultarono dritti: questo induce a ritenere con sicurezza che la sostituzione non fu fatta a penna, come invece suppose il Moroncini (p. lxxxii).
  2. Indurrebbe a crederlo una nota del Ranieri, conservata in una schedina ch’è fra le carte Le Monnier alla Biblioteca Nazionale di Firenze, dove a proposito di un passo delle Operette morali è richiamato il quanto di XXIX, 72: «Questa maniera di usare il quanto dell’A. spesso non era intesa dagli stampatori, che aggiungevano sul torchio il d credendolo errore, come nell’Aspasia: [seguono i vv. 71-74 di XXIX], Dove l’A. volle assolutamente mutato il d in t». Francesco Paolo Luiso, Ranieri e Leopardi — Storia di una edizione, Firenze, Sansoni, 1899, p. 75.
  3. Queste notizie si desumono confrontando l’esemplare corretto dell’edizione Starita ora alla Nazionale di Napoli, che non appartiene alla tiratura definitiva e non ha il carticino inserito piú tardi, con gli altri esemplari esistenti della medesima edizione, pochissimi dei quali hanno la lezione giusta in XXIX, 75 e in XXXI, 51.
  4. Moroncini, p. xxiv, n. 3.