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canto | di Saffo; X. | Il primo amore; XI. | Il passero solitario; XII. | L’infinito; XIII. | La sera | del dí di festa; XIV. | Alla luna; XV. | Il sogno; XVI. | La vita solitaria; XVII. | Consalvo; XVIII. | Alla sua donna; XIX. | Al conte | Carlo Pepoli; XX. | Il risorgimento; XXI. | A Silvia; XXII. | Le ricordanze; XXIII. | Canto notturno | di un pastore errante dell’Asia; XXIV. | La quiete | dopo la tempesta; XXV. | Il sabato | del villaggio; XXVI. | Il pensiero dominante; XXVII. | Amore e Morte; XXVIII. | A se stesso; XXIX. | Aspasia; XXX. | Sopra | un basso rilievo antico sepolcrale, | dove una giovane morta | è rappresentata in atto di partire, | accomiatandosi dai suoi; XXXI. | Sopra il ritratto | di una bella donna | scolpito nel monumento sepolcrale | della medesima; XXXII. | Palinodia | al marchese Gino Capponi; XXXIII. | Imitazione; XXXIV. | Scherzo; Frammenti: XXXV. [è Lo spavento notturno, Idillio V dei Versi]; XXXVI. [sono i vv. 40-54 dell’Elegia II dei Versi]; XXXVII. [sono i primi 76 versi della cantica giovanile Appressamento della morte, pubblicata per la prima volta nel 1880 da Zanino Volta]; XXXVIII. | Dal greco di Simonide; XXXIX. | Dello stesso. Venivano dopo il testo undici note, alcune delle quali tratte dalle edizioni precedenti ma rielaborate, e altre nuove. Chiudeva il volume un lungo errata-corrige, in cui erano numerose le vere e proprie varianti, tanto che forse è ironica l’affermazione preliminare del Leopardi: «Salvo alcuni pochi, sono errori per lo piú tenuissimi: il notarli sia segno di diligenza». Un’aggiunta a quest’errata-corrige fu stampata poi di contro al frontispizio del secondo volume delle Opere, che comprendeva le Operette morali fino a tutto il Parini. Il Leopardi, scrivendo a Luigi de Sinner il 6 aprile 1836, mostra d’essere «disgustatissimo del pidocchioso libraio, il quale avendo raccolto col suo manifesto un numero di associati maggiore che non credesse, sicuro dello spaccio, ha dato la piú infame edizione che ha potuto, di carta, di caratteri e di ogni cosa». Le lamentele erano fondate: gli errori di stampa veri e propri erano infatti non meno di ventisei; mentre la carta e i caratteri sfiguravano assai, messi a confronto con quelli dell’edizione Piatti del 18311. A due errori particolarmente gravi (sola per solo in XXIX, 75 e tutti per tutto in
- ↑ Il Moroncini era d’opinione contraria, anche perché non seppe elencare piú di dodici errori di stampa, di cui solo quattro gli apparivano certi. Cfr, la sua edizione critica dei Canti, Bologna, Cappelli, 1927, p. xxv, n. 3.