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un pizzico d’autoritá virgiliana. «Postquam res Asiae, Priamique evertere gentem Immeritam visum Superis, ceciditque superbum Ilium et omnis humo fumat neptunia Troia; Diversa exsilia et desertas quaerere terras Auguriis agimur Divum»1. «Irim de caelo misit saturnia Iuno Iliacam ad classem, ventosque adspirat eunti»2. «Ille intra tecta vocari Imperat, et solio medius consedit avito»3. «At non sic phrygius penetrat Lacedaemona pastor, Ledaeamque Helenam troianas vexit ad urbes»4. «Haec ait, et liquidum ambrosiae diffundit odorem, Quo totum nati corpus perduxit»5. Reco questi soli esempi dei mille e piú che si potrebbero cavare dal solo Virgilio, accuratissimo e compitissimo sopra tutti i poeti del mondo.

II, 2. De le trepide larve.
[v. 17]

«Trepidus» è quel che sarebbe «tremolo» o pure «agitato», e «trepidare» latino è come «tremolare» o «dibattersi». E perché la paura fa che l’animale trema e s’agita, però le dette voci spesse volte s’adoperano a significazione della paura; non che dinotino la paura assolutamente né di proprietà loro. E spessissime volte non hanno da far niente con questa passione, e quando s’appagano del senso proprio e quando anche non s’appagano. Ma la Crusca termina il significato di «trepido» in quello di «timoroso». Va errata: e se non credi a me, che non son venuto al mondo fra il dugento e il seicento, e non ho messo i lattaiuoli né fatto a stacciabburatta in quel di Firenze, credi al Rucellai, ch’ebbe l’una e l’altra virtú. «Allor6 concorron trepide, e ciascuna Si mostra ne le belle armi lucenti, ... e con voce alta e roca Chiaman la gente in lor linguaggio a l’arme». Questa è la paura dell’api «trepide». E cosí la sentenza come la voce ritrassela il Rucellai da Virgilio7: «Tum trepidae inter se coeunt, pennisque coruscant, . . . magnisque vocant clamoribus hostem».

  1. Aen., I. iii, v. 1.
  2. L. v, v. 607.
  3. L. vii, v. 168.
  4. V. 363.
  5. Georg., l. iv, v. 415.
  6. Api, v. 272.
  7. Georg., l. iv, v. 73.