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VI, 3. Quand’oltre a le colonne, ed oltre ai liti
[v. 78] cui strider parve in seno a l’onda il sole.

Di questa fama anticamente divulgata, che in Ispagna e in Portogallo, quando il sole tramontava, s’udisse a stridere di mezzo al mare a guisa che fa un carbone o un ferro rovente che sia tuffato nell’acqua, sono da vedere il secondo libro di Cleomede1, il terzo di Strabone2, la quartadecima Satira di Giovenale3, il secondo libro delle Selve di Stazio4 e l’Epistola decimottava d’Ausonio5 (5). E non tralascerò in questo proposito quello che dice Floro6, laddove accenna le imprese fatte da Decimo Bruto in Portogallo: «Peragratoque victor Oceani litore, non prius signa convertit, quam cadentem in maria solem, obrutumque aquis ignem, non sine quodam sacrilegii metu, et horrore, deprehendit». Vedi altresí le annotazioni degli eruditi sopra il quarantesimoquinto capo di Tacito delle Cose germaniche.

VII, 5. E del notturno
[v. 95] occulto sonno del maggior pianeta?

Al tempo che poca o niuna contezza si aveva7 della rotonditá della terra, e dell’altre varie dottrine ch’appartengono alla cosmografia, gli uomini non sapendo quello che durante la notte il sole8 operasse o patisse, fecero intorno a questo particolare molte e belle immaginazioni, secondo la vivacitá e la freschezza di quella fantasia che oggidí non si può chiamare altrimenti che fanciullesca, ma pure in ciascun’altra etá degli antichi poteva poco meno che nella puerizia. E se alcuni s’immaginarono che il sole si spegnesse la sera e che la mattina si raccendesse, altri si persuasero che dal tramonto si posasse, e dormisse fino all’ag-

  1. Circular. Doctrin. de Sublimibus, l. ii, cap. I. Edit. Bake, Lugd. Bat. 1820, p. 109 et seq.
  2. Amstel. 1707, p. 202 B.
  3. V. 279
  4. Genethliac. Lucani, v. 24 et sequent.
  5. V. 2.
  6. L. ii, c. xvii, sect. 12.
  7. [Invece delle parole che precedono, l’ediz. Nobili porta: «Mentre il piú degli uomini ebbero poco o niun conoscimento...»]
  8. [Nell’ediz. Nobili: «il sole nel tempo della notte».]