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dediche, notizie, annotazioni |
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«Conciossiaché di tesoro non possa alcuno pur col Re solo contrastare».
Angelo di Costanzo nel centesimosecondo Sonetto: «Accrescer sento, e non giá venir meno Il duol, né posso far sí che contrasti Con la sua forza, o che a schernirsi basti Il cor del suo vorace aspro veneno».
IV, 3. |
A te cui fato aspira
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[v. 48] |
benigno.
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I vari usi del verbo «aspirare» cercali nei buoni scrittori latini e italiani; ché se ti fiderai del Vocabolario della Crusca, giudicherai che questo verbo propriamente e unicamente significhi «desiderare e pretendere di conseguire», laddove questa è forse la piú lontana delle metafore che soglia patire il detto verbo. E ti farai maraviglia come Giusto de’ Conti1 pregasse «Amore che gli affrancasse e aspirasse la lingua», e come il Molza2 dicesse che la «fortuna aspirava lieto corso ad Annibal Caro», e il Rucellai
che «il sole aspira vapori caldi» e che «il vento aspira il freddo boreale»3 e che «l’orto aspira odor di fiori e d’erbe»4, e come Remigio Fiorentino (avverti questo soprannome) scrivesse in figura di Fedra5: «Il qual sí come acerbamente infiamma Il petto a me [parla d’Amore], cosí benigno e pio A tutti i voti tuoi cortese aspiri». E prima6 avea detto parimente d’Amore: «Cosí benigno A i miei bei voti aspiri». Similmente dice in persona di Paride7: «Né leve aspira A l’alta impresa mia negletto
nume». E in persona di Leandro8: «O benigna del ciel notturna luce [viene a dir la luna], Siami benigna ed al mio nuoto aspira». Cosí anche in altri luoghi9.
- ↑ Bella mano, canz. 1, stanza I.
- ↑ Son. «Voi cui Fortuna lieto corso aspira».
- ↑ Api, v. 159
- ↑ V. 404
- ↑ Epist. IV d’Ovid., v. 309.
- ↑ V. 40.
- ↑ Ep. XV, v. 51.
- ↑ Ep. XVII, v. 130.
- ↑ Ep. XV, vv. 70 e 392.