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[I]

[Dedica delle prime due canzoni, nell’ediz. Bourlié, Roma, 1818.]

Al chiarissimo

sig. cavaliere Vincenzo Monti

Giacomo Leopardi

Quando mi risolsi di pubblicare queste Canzoni, come non mi sarei lasciato condurre da nessuna cosa del mondo a intitolarle a verun potente, cosí mi parve dolce e beato il consacrarle a Voi, Signor Cavaliere. Stante che oggidí chiunque deplora o esorta la patria nostra, non può fare che non si ricordi con infinita consolazione di Voi che insieme con quegli altri pochissimi, i quali tacendo non vengo a dinotare niente meno di quello che farei nominando, sostenete l’ultima gloria nostra, io dico quella che deriva dagli studj, e singolarmente dalle lettere e arti belle, tanto che per anche non si può dire che l’Italia sia morta. Di queste Canzoni, se uguaglino il soggetto, che quando lo uguagliassero, non mancherebbe loro né grandiositá né veemenza, sarà giudizio non tanto dell’universale quanto vostro; giacché da quando veniste in quella fama che dovevate, si può dire che nessuno scrittore italiano, se non altro, di quanti non ebbero la vista impedita né da scarsezza d’intelletto, né da presunzione e amore di se medesimi, stimò che valessero punto a rifarlo delle riprensioni vostre le lodi dell’altra gente, o lodato da voi riputò mal pagate le sue fatiche, o si curò de’ biasimi o dello spregio del popolo. Basterá che intorno al canto di Simonide che sta nella prima Canzone io significhi non per Voi, ma per li piú de’ lettori, e domandandovi perdono di questo, ch’io mi fo coraggio e non mi vergogno di scriverlo a Voi, che quel gran fatto delle Termopile fu celebrato