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ii. sopra il monumento di dante | 11 |
Ma non per te; per questa ti rallegri
povera patria tua, s’unqua l’esempio
degli avi e de’ parenti
ponga ne’ figli sonnacchiosi ed egri
90tanto valor che un tratto alzino il viso.
Ahi, da che lungo scempio
vedi afflitta costei, che sí meschina
te salutava allora
che di novo salisti al paradiso!
95oggi ridotta sí che a quel che vedi,
fu fortunata allor donna e reina.
Tal miseria l’accora
qual tu forse mirando a te non credi.
Taccio gli altri nemici e l’altre doglie;
100ma non la piú recente e la piú fera,
per cui presso alle soglie
vide la patria tua l’ultima sera.
Beato te che il fato
a viver non dannò fra tanto orrore;
105che non vedesti in braccio
l’itala moglie a barbaro soldato;
non predar, non guastar cittadi e colti
l’asta inimica e il peregrin furore;
non degl’itali ingegni
110tratte l’opre divine a miseranda
schiavitude oltre l’alpe, e non de’ folti
carri impedita la dolente via;
non gli aspri cenni ed i superbi regni;
non udisti gli oltraggi e la nefanda
115voce di libertá che ne schernia
tra il suon delle catene e de’ flagelli.
Chi non si duol? che non soffrimmo? intatto
che lasciaron quei felli?
qual tempio, quale altare o qual misfatto?