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note 155

condo loro, si adagiava a dormire. E il Petrarca si accostò a queste tali opinioni volgari in quei versi (Canz. «Nella stagion», st. iii):

Quando vede ’l pastor calare i raggi
del gran pianeta al nido ov’egli alberga.

Siccome in questi altri della medesima Canzone, st. 1, seguì la sentenza di quei filosofi che per virtú di raziocinio e di congettura indovinavano gli antipodi:

Nella stagion che ’l ciel rapido inchina
verso occidente, e che ’l di nostro vola
a gente che di là forse l’aspetta.

Dove quel «forse», che oggi non si potrebbe dire, fu sommamente poetico; perché dava facoltà al lettore di rappresentarsi quella gente sconosciuta a suo modo, o di averla in tutto per favolosa: donde si dee credere che, leggendo questi versi, nascessero di quelle concezioni vaghe e indeterminate, che sono effetto principalissimo ed essenziale delle bellezze poetiche, anzi di tutte le maggiori bellezze del mondo.

[III, v. 132] Di qui alla fine della stanza si ha riguardo alla congiuntura della morte del Tasso, accaduta in tempo che erano per incoronarlo poeta in Campidoglio.

[VI, v. 1] Si usa qui la licenza, usata da diversi autori antichi, di attribuire alla Tracia la città e la battaglia di Filippi, che veramente furono nella Macedonia. Similmente nel nono Canto si seguita la tradizione volgare intorno agli amori infelici di Saffo poetessa, benché il Visconti ed altri critici moderni distinguano due Saffo; l’una famosa per la sua lira, e l’altra per l’amore sfortunato di Faone; quella contemporanea d’Alceo, e questa piú moderna.

[VII, v. 29] La stanchezza, il riposo e il silenzio che regnano nelle città, e piú nelle campagne, sull’ora del mezzogiorno, rendettero quell’ora agli antichi misteriosa e secreta come quelle della notte: onde fu creduto che sul mezzodi piú specialmente si facessero vedere o sentire gli Dei, le ninfe, i silvani, i fauni e le