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154 | canti |
Simonide in quella occorrenza, fossero perdute, non ch’io presumessi di riparare a questo danno, ma come per ingannare il desiderio, procurai di rappresentarmi alla mente le disposizioni dell’animo del poeta in quel tempo, e con questo mezzo, salva la disuguaglianza degl’ingegni, tornare a fare il suo canto; del quale io porto questo parere, che o fosse maraviglioso, o la fama di Simonide fosse vana, e gli scritti perissero con poca ingiuria. Lettera a Vincenzo Monti premessa alle edizioni di Roma e di Bologna.
[III, v. 80] Di questa fama divulgata anticamente, che in Ispagna e in Portogallo, quando il sole tramontava, si udisse di mezzo all’Oceano uno stridore simile a quello che fanno i carboni accesi, o un ferro rovente, quando è tuffato nell’acqua, vedi Cleomede, Circular. doctrin. de sublim., l. ii, c. i, ed. Bake, Lugd. Bat. 1820, p. 109 seq.; Strabone, l. iii, ed. Amstel. 1707, p. 202 B; Giovenale, Sat., xiv, v. 279; Stazio, Silv., l. iii, Genethl. Lucani, v. 24 seqq.; ed Ausonio, Epist., xviii, v. 2. Floro, l. ii, c. xvii, parlando delle cose fatte da Decimo Bruto in Portogallo: «peragratoque victor Oceani litore, non prius signa convertit, quam cadentem in maria solem, obrutumque aquis ignem, non sine quodam sacrilegii metu, et horrore, deprehendit». Vedi ancora le note degli eruditi a Tacito, De Germ., c. xlv.
[III, v. 96] Mentre la notizia della rotondità della terra, ed altre simili appartenenti alla cosmografía, furono poco volgari, gli uomini, ricercando quello che si facesse il sole nel tempo della notte, o qual fosse lo stato suo, fecero intorno a questo parecchie belle immaginazioni: e se molti pensarono che la sera il sole si spegnesse, e che la mattina si raccendesse, altri immaginarono che dal tramonto si riposasse e dormisse fino al giorno. Stesicoro, ap. Athenaeum, l. xi, c. xxxviii, ed. Schweigh., t. iv, p. 237; Antimaco, ap. eumd., l. c., p. 238; Eschilo, l. c.; e piú distintamente Mimnermo, poeta greco antichissimo, l. c., cap. xxxix, p. 239, dice che il sole, dopo calato, si pone a giacere in un letto concavo, a uso di navicella, tutto d’oro, e cosí dormendo naviga per l’Oceano da ponente a levante. Pitea marsigliese, allegato da Gemino, c. v, in Petav. Uranol., ed. Amst., p. 13, e da Cosma egiziano, Topogr. Christian., l. ii, ed. Montfauc., p. 149, racconta di non so quali barbari che mostrarono a esso Pitea il luogo dove il sole, se-