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128 | canti |
dei dilettosi inganni; e vengon meno
25le lontane speranze,
ove s’appoggia la mortal natura.
Abbandonata, oscura
resta la vita. In lei porgendo il guardo,
cerca il confuso viatore invano
30del cammin lungo che avanzar si sente
meta o ragione; e vede
che a sé l’umana sede,
esso a lei veramente è fatto estrano.
Troppo felice e lieta
35nostra misera sorte
parve lassú, se il giovanile stato,
dove ogni ben di mille pene è frutto,
durasse tutto della vita il corso.
Troppo mite decreto
40quel che sentenzia ogni animale a morte,
s’anco mezza la via
lor non si desse in pria
della terribil morte assai piú dura.
D’intelletti immortali
45degno trovato, estremo
di tutti i mali, ritrovâr gli eterni
la vecchiezza, ove fosse
incolume il desio, la speme estinta,
secche le fonti del piacer, le pene
50maggiori sempre, e non piú dato il bene.
Voi, collinette e piagge,
caduto lo splendor che all’occidente
inargentava della notte il velo,
orfane ancor gran tempo
55non resterete; che dall’altra parte
tosto vedrete il cielo
imbiancar novamente, e sorger l’alba: