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110 canti


l’indomito mio cor. Narra che prima,
e spero ultima certo, il ciglio mio
supplichevol vedesti, a te dinanzi
95me timido, tremante (ardo in ridirlo
di sdegno e di rossor), me di me privo,
ogni tua voglia, ogni parola, ogni atto
spiar sommessamente, a’ tuoi superbi
fastidi impallidir, brillare in volto
100ad un segno cortese, ad ogni sguardo
mutar forma e color. Cadde l’incanto,
e spezzato con esso, a terra sparso
il giogo: onde m’allegro. E sebben pieni
di tedio, alfin dopo il servire e dopo
105un lungo vaneggiar, contento abbraccio
senno con libertá. Che se d’affetti
orba la vita, e di gentili errori,
è notte senza stelle a mezzo il verno,
giá del fato mortale a me bastante
110e conforto e vendetta è che su l’erba
qui neghittoso immobile giacendo,
il mar la terra e il ciel miro e sorrido.