Pagina:Leonardo prosatore.djvu/302

298


angelico a comparazione di quello. Il naso arricciato con l’ampie anari, de’ quali usciva molte e grandi setole, sotto i quali era l’arricciata bocca, colle grosse labbra, da le stremità de’ quali era pelo a uso de le gatte e denti gialli. Avanza sopra i capi de li omini, a cavallo, dal dosso de’ piedi in su. ... Volta l’ira in furore, cominciò co’ pié, dimenati da la furia delle possenti gambe, a entrare fra la turba, e con calci gittava li omini per l’aria, i quali cadeano non altrimenti sopra gli altri omini, come se stata fussi una spessa grandine.

E molti furon quelli che, morendo, detter morte; e questa crudeltà durò finchè la polvere mossa da’ gran piedi, levata ne l’aria, constrinse questa furia infernale a ritirarsi indrieto.

E noi seguitammo la fuga.

Oh! quanti vari assalimenti furono usati contro a questa indiavolata, a la quale ogni offesa era niente! Oh! misere genti, a voi non vale le inespugnabili fortezze, a voi non l’alte mura de la città, a voi non l’essere in moltitudine, non le case o palazzi! Non v’è restato se non le piccole buche e cave sotterranee, a modo di granchi o grilli o simili animali: [lì] trovate salute e vostro scampo!

Oh quante infelici madri e padri furono private de’ figlioli! Oh quante misere femmine private de la lor compagnia!

Certo certo, caro mio Benedetto, io non credo che, poi che ’l mondo fu creato, fussi mai visto un lamento, un pianto pubblico esser fatto con tanto terrore!