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lasciò grandiose opere d’arte e di scienza sta, probabilmente, non nei casi esteriori, meri giochi della sorte, ma nella tempra della sua indole che, di tutti i misteri leonardeschi, è certo il maggiore.

Imperfettamente conosciamo l’artista, ancor poco sicuramente lo scienziato, ma peggio di tutto l’uomo.

Le sue note scientifiche sono, naturalmente, impersonali; l’arte ispirata dalla profonda osservazione oggettiva non dalla passione intima; scarse e al tutto esteriori le notizie dei più antichi biografi, i pochi ricordi personali aridissimi. Per forza di cose, un saggio che cerchi di rievocare l’anima di Leonardo non può essere che un tentativo interessante, ingegnoso, d’un ardire che rasenta quasi la temerità, ma abbozzo e non più.

Di questo abbozzo arduo cercheremo le linee essenziali sopratutto nelle sue prose, nella certezza che, se molto mancherà, almeno non vi sarà nulla di troppo lontano dal vero, e nella speranza che qualche osservazione buona e nuova ne risulti.

Recentemente, alcuno accusò, diremo così, d’impotenza scientifica Leonardo, perchè le sue teorie, non tradotte nella pratica, non poterono imporsi ai suoi contemporanei. Si obbietta: gli mancarono i mezzi per poter spiegare e applicare le verità intuite; ma questo solo in parte vale, poichè la cosa si ripete tal quale per l’opere d’arte ch’Egli idea e non traduce in atto, abbozza e abbandona anche dopo lunghi anni di studio, per i trattati di cui non restarono che frammenti: per essi certo non gli mancavano i mezzi!

E neppur si può parlare d’incostanza, accusarlo