Pagina:Leonardo da Vinci scienziato.djvu/13


— 14 —

naturalezza dicendo: «la corda che vibra nel liuto fa vibrare nel liuto vicino la corda che dà la medesima nota».

Due secoli prima del Borelli diede sul volo degli uccelli una completa teoria.



Ma Leonardo è genio universale, che vuole non solo scuoprire nuove verità, sodisfare lo spirito con nuove e razionali interpetrazioni e conoscere le cause per ottenere liberamente gli effetti, ma vuole anche la gioia dell’inventare, poichè per lui ogni idea giusta è forza che agisce, quando abbia relazione col mondo esteriore; desidera procurare agli uomini più comodo il lavoro, e i mezzi di difesa contro le forze nemiche della natura, ed è noto che i suoi manoscritti contengono i più svariati disegni di macchine destinate a sodisfare le più semplici esigenze della vita; egli costruì istrumenti per misurare la velocità delle acque correnti, e per misurare le intensità relative da due sorgenti di luce, istrumenti, questi, che il Buguer e il Bunsen si sono attribuiti; inventò una macchina filatrice, la motigolfiera, il paracadute, un pluviometro; costruì piani di difesa, ponti mobili; inventò e perfezionò armi da fuoco; inventò una macchina per volare, e insomma anche in questo campo di attività riescì inesauribile.

Avvertì però, intorno all’empirismo che dimentica la scienza, che «coloro i quali si innamorano della pratica senza la scienza, sono come il navigatore che parte sulla nave senza bussola e che non sa mai con certezza dove va». Sempre, aggiunge, «la pratica deve essere edificata sulla buona teoria».



Questi pochi cenni intorno al pensiero di Leonardo servono a far comprendere come un illustre straniero, il professor Sèallas, dopo aver esaminati alcuni dei manoscritti