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a 29] trattato della pittura - parte prima 21

la quale si rinchiude in tempi armonici, e fa esso poeta a similitudine di un bel volto, il quale ti si mostra a membro a membro, che così facendo non rimarresti mai satisfatto della sua bellezza, la quale solo consiste nella divina proporzionalità delle predette membra insieme composte, le quali solo in un tempo compongono essa divina armonia di esso congiunto di membra, che spesso tolgono la libertà posseduta a chi le vede. E la musica ancora fa nel suo tempo armonico le soavi melodie composte delle sue varie voci, dalle quali il poeta è privato della loro descrizione armonica. E benchè la poesia entri pel senso dell’udito alla sede del giudizio siccome la musica, esso poeta non può descrivere l’armonia della musica perchè non ha potestà in un medesimo tempo di dire diverse cose, come la proporzionalità armonica della pittura composta di diverse membra in un medesimo tempo, la dolcezza delle quali sono giudicate in un medesimo tempo così in comune, come in particolare. In comune, in quanto all’intento del composto; in particolare in quanto all’intento de’ componenti, di che si compone esso tutto. E per questo il poeta resta, in quanto alla figurazione delle cose corporee, molto indietro al pittore, e delle cose invisibili rimane indietro al musico. Ma s’esso poeta toglie in prestito l’aiuto delle altre scienze, potrà comparire alle fiere come gli altri mercanti portatori di diverse cose fatte da più inventori. E fa questo il poeta quando s’impresta l’altrui scienza, come dell’oratore, filosofo, astrologo, cosmografo, e simili, le quali scienze sono in tutto separate dal poeta. Adunque questo è un sensale che giunge insieme a diverse persone a fare una conclusione di un mercato. E se tu vorrai trovare il proprio ufficio del poeta, tu troverai non essere altro che un adunatore di cose rubate a diverse scienze, colle quali egli fa un composto bugiardo, o vuoi, con più onesto dire,1 un composto finto; ed in questa tal finzione libera esso poeta s’è equiparato al pittore, ch’è la più debole parte della pittura.


29. Quale scienza è meccanica, e quale non è meccanica.

Dicono quella cognizione esser meccanica la quale è partorita dall’esperienza, e quella esser scientifica che nasce e finisce nella mente, e quella essere semimeccanica che nasce dalla scienza e finisce nella operazione manuale. Ma a me pare che quelle scienze sieno vane e piene di errori le quali non sono nate dall’esperienza, madre di ogni certezza, e che non terminano in nota esperienza, cioè che la loro origine, o mezzo, o fine, non passa per nessuno de’ cinque sensi. E se noi dubitiamo della certezza di ciascuna cosa che passa per i sensi, quanto maggiormente dobbiamo noi dubitare delle cose ribelli ad essi sensi, come dell’assenza4 di Dio e dell’anima e simili,2 per le quali sempre si disputa e contende. E veramente accade che sempre

  1. In altre edizioni: «con più onesto fine dire», e «con più onesto nome dire».
  2. Nel codice Vaticano è stata tirata una linea sul brano che incomincia con le parole: «E se noi dubitiamo» e termina: «e non certezza rinata». L’edizione De Romanis (Roma 1817) riproduce quel brano, sopprimendo però