Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
xl | commentario |
le sue parti;1 scrisse intorno al moto che ha l’acqua nell’aprire le cateratte al disopra, in mezzo o disotto; le differenze di livello nel calare o muovere in superficie le cadute, i ritrosi, gl’incurvamenti delle onde, come si vede nelle conche di Milano;2 rilevò i difetti delle conche esistenti e ne propose i ripari. Tutto ciò deve farci credere che egli intendesse i canali del Milanese dover essere in gran parte rifatti, e non potremmo asserire o negare che a lui ne fosse affidata allora la cura. Certo che le correzioni proposte furono poi fatte, e probabilmente dal 1506 al 1510, tempo in cui Leonardo rimase lungamente in Lombardia, non di altro occupato che di lavori idraulici. Sappiamo che nei codici Vinciani leggesi un capitolo intitolato Del canale della Martesana, in cui espone il suo parere sul minorare il danno che risulterebbe al Lodigiano per le acque tolte all’irrigamento dei prati a favore della navigazione, e che questo capitolo è stato scritto nel 1508. L’Oltrocchi vide nel codice Atlantico il disegno delle porte superiori e inferiori delle conche, la livellazione fatta da Leonardo, il modo onde provvide all’evasione del Lambro che attraversava il canale, i luoghi in cui divisò le conche, con tre delle quali portò l’Adda sul piano del fossato, dove non erano ancora portate le acque per la soverchia loro altezza; e con altre due conche diede loro sfogo nel vecchio fossato navigabile, per circondare tutta la città, dopo d’avere assicurato il perpetuo uguale livello con adattato scaricatoio prima che in esso entrasse.3
Le lettere di Lodovico di Francia che richiamano il Vinci da Firenze, riportate dal Gaye, sono del 1506.
A’ 5 luglio 1507 scrive dalla canonica di Vaprio, dove aveva ripreso i suoi studi per la navigazione dell’Adda, intendendo risalirla sino a Brivio. Disegnò il corso dell’Adda, e al fianco del disegno notò le misure del lavoro da farsi e su cui computarne le spese: comincia il disegno da Brivio e si stende sino all’imboccatura del Naviglio sotto Trezzo.4 Molti manoscritti di Leonardo rimasero lungo tempo dimenticati a Vaprio nella villa Melzi,5 e sono forse quelli nei quali aveva consegnati gli studi più particolari sul corso dell’Adda. Da ciò dobbiamo concludere che il Moro non aveva ottenuta la navigazione dell’Adda che col danno dei particolari, ai quali aveva tolto tutte le acque che servivano alla irrigazione, e che Leonardo ristrinse il canale, aperse nelle pareti di esso sopra un certo livello i bocchelli, di cui parla nelle lettere scritte da Firenze nel 1511, distribuendo e regolando l’oncia dell’acqua, secondo le teorie che egli espone nell’Idraulica.
Gli ultimi quattro libri dell’Idraulica di Leonardo contengono i risultati delle sue osservazioni sul moto delle acque; i primi cinque, le teorie e le speculazioni più sottili della scienza. Noi dobbiamo credere che i quattro siano quelli che Leonardo ha scritto nel tempo che dirigeva i lavori d’idraulica nella Lombardia, o sieno almeno cavati in gran parte dai ricordi che egli prendeva mano a mano che gli si presentavano casi degni di osservazione. Nel sesto e settimo libro, delle rotture fatte dall’acqua e delle cose portate dall’acqua, considera i danni dell’acqua contro gli argini, dove essa faccia maggiore o minore concavità o rottura per il ristringere degli argini, per il crescere di velocità, per il risaltare dell’acqua contro un ostacolo, per l’aumentarsi dell’inclinazione del fondo, per l’inegualità di esso fondo; dove cavano il fondo e dove cavano l’argine due acque correnti che s’incontrano; quello che accada dove due fiumi entrano l’uno nell’altro; dove cresca e dove si abbassi il letto del fiume; come debba rendersi il terreno ai luoghi scoperti e scorticati dal corso delle acque; come si debba colle acque correnti condurre il terreno dei monti alle valli paludose, e farle fertili, e sanar l’aria circostante.
Tutto ciò che primo Benedetto Castelli ha discorso sulla misura delle acque correnti, era già stato registrato da Leonardo nel libro ottavo dell’Idraulica, parlando dell’oncia dell’acqua e delle