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alla vita di leonardo da vinci | xxxvii |
a fuggire dalla sua patria di adozione, perduto ogni frutto delle sue fatiche e costretto a ricominciare quella maniera di vita, di cui era già stanco fin dalla prima gioventù, quando lasciava la prima volta Firenze; sembra che restasse lungamente incerto di ciò che farebbe di sè, ed altamente commosso dagli avvenimenti che si erano succeduti sotto i suoi occhi e non senza grave suo danno. Abbiamo nel 1502 la patente del Valentino che lo nomina architetto e suo ingegnere generale. Ai servigi di lui fa il viaggio dell’Emilia, visita le piazze forti, notando tutto ciò che si presenta nel viaggio appartenente alla meccanica ed alle scienze naturali.1
Tornato a Firenze nel 1503, propone un canale che si stacchi dall’Arno, traversi le campagne di Prato, di Pistoia, di Serravalle, il lago di Sesto; parla delle spese di costruzione, delle acque da introdurre nel canale e de’ fiumi che dovrebbero traversarlo. Egli aveva vagheggiato questo pensiero fino da giovanetto; e dopo i lavori sui canali del Milanese, pei quali il Moro aveva avuto spesso bisogno del consiglio di Leonardo, poteva sperare di essere facilmente creduto. Va al campo sotto Pisa per consultare sopra un’opera da farsi contro quella città, e disegna il cartone della battaglia di Anghiari: ma tra la rivalità di Michelangelo, il dispetto perchè fossero accolti poco favorevolmente i suoi studi di meccanica e di idraulica relativi all’incanalamento dell’Arno, il dolore di vedere che non bene riuscisse la nuova prova tentata per dipingere a olio sul muro, e la noia di sentirsi rimproverare dal Soderini perchè non attendesse a finire l’opera che gli era stata allogata, non vi rimase che fino al 1506,2 lasciando imperfetto il lavoro. Frattanto a Milano si erano composte le cose in qualche ordine; e là trovò Leonardo in Lodovico di Francia meno improntitudine che nel Soderini e maggior liberalità che nel Moro. Dimorò in Vaprio lungo tempo presso il suo amico Melzi e fece le correzioni per la prosecuzione del naviglio della Martesana, risalendo l’Adda da Trezzo a Brivio.3 Eseguì nel 1509 uno scaricatoio sul Naviglio grande presso San Cristoforo:4 per le quali cose ebbe in premio da Lodovico di Francia dodici once di acqua da estrarsi da detto Naviglio, come già sin dal 1507 aveva avuto titolo e stipendio di pittore del re. Queste cose egli ricorda con compiacenza ancora qualche tempo dopo, scrivendo da Firenze, dove era venuto nel 1511 per raccorre parte dell’eredità di suo zio, morto forse nel 1507. Le sue lettere sono al luogotenente del re, al presidente, a messer Francesco Melzi;5 ai quali promette che saprà far buon uso delle dodici once di acqua e che porterà seco, tornando, due quadri di Nostre Donne fatte per il Cristianissimo. Egli attenne la sua promessa poco dopo tornando in Milano, dove gli facevano caro lo stare il credito suo presso il re di Francia, l’amicizia del Melzi, le memorie della gioventù e la gloria della quale si vedeva circondato in quella città, che aveva abbellita delle sue pitture e giovato con la sua arte regolando il corso delle acque del Ticino e dell’Adda. Questi pensieri, che hanno molta forza in tutte le menti umane, possono molto più sull’animo di un vecchio che ha compiuti oramai sessant’anni, che sa di aver fatto assai per la gloria e sente venir meno le forze a nuove cose; e questi gli rendevano tanto cara quella dimora, che in nessun altro luogo trovava riposo.
Ma la riconquista del Milanese, fatta contro i Francesi per riporre in trono lo Sforza, lo tolse suo malgrado di là; o forse anco l’animo del vecchio si commosse a pensare il grido che avevano levato di sè Michelangelo e Raffaello, la fama de’ quali anco da lontano sembravagli nocesse alla sua. E poichè si sentiva tanto maggiore di loro nell’intelligenza divina dell’arte, quanto nella pratica essi erano "maggiori di lui, partì per Roma il 24 settembre 1514.6 Ma la fortuna ama i giovani; ed egli,
- ↑ Amoretti, pag. 95.
- ↑ Vedi Gaye, Carteggio, ecc., II, 86 e segg.
- ↑ Vedi Amoretti, pag. 101.
- ↑ Trovasi nel codice piccolo Archintiano, pag. 25, il disegno con appresso il Naviglio di San Cristoforo di Milano, fatto a’ dì 3 di marzo 1509. (Amoretti, pag. 104).
- ↑ Amoretti, pag. 109.
- ↑ Lasciò di ciò memoria nel codice segnato B, pag. 1: «Partii da Milano per Roma addì 24 di settembre con Giovanni Franciesco Melzi, Salaì Lorenzo e il Fanfoia». E nel codice stesso, accanto ad un disegno, sta scritto: «Sulla riva del Po vicino a Sant’Angelo nel 1514 addì 27 settembre».