e gli scritti abbiano ricevuto gravissimi danni e dal tempo e dagli uomini, e la più gran parte sieno andati perduti. Il Trattato della pittura, pubblicato dopo la sua morte, e l’Idraulica, stampata per la prima volta nel 1828 in Bologna, non sono che frammenti disposti in un ordine diverso da quello che voleva l’autore. Il trattato dell’anatomia, quello del moto locale e delle percussioni, le ricerche di meccanica, gli studi di ottica, gli scritti sul canale della Martesana, sulla botanica, sulla geologia, sul volo degli uccelli, dimenticati subito dopo la morte di Leonardo, rimasero lungo tempo ignorati; e difficilissimo sarebbe ora ricomporli dai frammenti che restano nei suoi manoscritti, e dai ricordi che egli prendeva, quando l’esperienza e il ragionamento lo conducevano alla scoperta di difficili veri. Di più, questi ricordi, dove i contemporanei hanno cercato le arti segrete di Leonardo, mentre egli invece si compiaceva di coprir di mistero tutto ciò che faceva, sono stati frugati e dispersi da mani ignoranti, trasportati di una in un’altra biblioteca, divisi tra molte, e rimangono solo per far testimonianza di un genio, cui forse il mondo non ha avuto l’eguale, ma che ha vissuto per sè e per la scienza, senza trovare chi raccogliesse la preziosa eredità che lasciava; tal che più di un secolo fu poi necessario a rifare la via da lui percorsa, e i posteri sono costretti ad ammirarlo, senza che i contemporanei abbiano saputo intenderlo. Così egli visse in Firenze, sua patria, trent’anni, esercitando nella prima gioventù l’arte della pittura e applicando la mente agli studi della meccanica, facilmente primo tra i pittori, tra gl’ingegneri tale da paragonare solamente agli antichi, dei quali riprendeva gli studi e le ricerche lungamente abbandonate; e quelli che la città governavano, fra i quali Lorenzo dei Medici detto il Magnifico, non si giovarono dell’opera sua nè come ingegnere, nè come pittore. Poichè gli studi di meccanica e d’idraulica non furono ricevuti con molto favore, tentò gli studi dell’arte militare, nella quale l’uso delle artiglierie aveva portata una rivoluzione perfetta. Egli solo e Giuliano da San Gallo conobbero allora l’arte moderna di fortificare e di assalire i luoghi difesi da fortificazioni regolari. Con questa sperò farsi accetto alla corte di Lodovico il Moro, reggente e poco meno che signore del ducato di Milano in nome del nipote Gian Galeazzo, e si offerì a lui come ingegnere militare, come idraulico, come architetto, pittore e scultore, nella lettera che riportiamo.1 Questa si riferisce ai primi tempi della venuta di Leonardo a Milano; e sarebbe
- ↑ Ecco la lettera di Leonardo riportata dall’Amoretti, Memorie storiche di Lionardo da Vinci (Milano, 1804) a pag. 24, e riprodotta in fac-simile anche nel citato Saggio delle Opere di Lionardo da Vinci, ecc., pubblicato in Milano nel 1872, per l’inaugurazione del monumento innalzato in quella città a Leonardo:
«Havendo, S.r mio Ill., uisto et considerato horamai ad sufficientia le prove di tutti quelli che si reputono maestri et compositori d’instrumenti bellici; et che le inventione et operatione di dicti instrumenti non sono niente alieni dal comune uso: mi exforzerò, non derogando a nessuno altro, farmi intendere da V. Excellentia: aprendo a Quella li secreti mei: et appresso offerendoli ad ogni suo piacimento, in tempi oportuni operare cum effecto circa tutte quelle cose, che sub brevità in parte saranno qui di sotto notate.
1. Ho modi de ponti leggerissimi et forti et acti ad portare facilissimamente, et cum quelli seguire et alcuna volta fuggire li inimici; et altri securi et inoffensibili da foco et battaglia: facili et commodi da levare et ponere. Et modi de ardere et disfare quelli del inimico.
2. So in la obsidione de una terra togliere via l’aqua de’ fossi, et fare infiniti ponti, ghatti et scale, et altri instrumenti pertinenti ad dicta expeditione.
3. Item, se per altezza de argine o per fortezza de loco et di sito non si pottesse in la obsidione de vna terra usare l’officio delle bombarde; ho modi di ruinare ogni rocca (?) o altra fortezza, se già non fusse fondata in su el saxo etc.
4. Ho anchora modi de bombarde commodissime et facile ad portare, et cum quelle buttare minuti di tempesta (aveva scritto e poi cancellato "buttare minuti saxi ad similitudine quasi di tempesta"); cum el fumo di quella dando grande spavento a l’inimico cum grave suo danno et confusione etc.
5. Item ho modi per cave et vie secrete et distorte facte senza alcuno strepito, per venire di segreto anchora che bisogniasse passare sotto fossi o alcuno fiume.
6. Item farò carri coperti, sicuri et inoffensibili: e quali intrando intra ne li inimici cum sue artiglierie, non è sì grande moltitudine di gente d’arme che non rompessino: et dietro a questi poteranno seguire fanterie assai inlesi e senza alchuno impedimento.
7. Item occurendo di bisogno, farò bombarde, mortari et passavolanti di bellissime e utile forme fora del comune uso.
8. Dove mancassi la operazione delle bombarde,