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xxx | commentario |
que’ quattro raggi che sono in forma di croce, e come desideroso di essa croce ride e tienla salda non la volendo cedere alla mamma che pare gliela voglia torre. Da questa lettera apparisce ancora che la marchesana aveva per mezzo del Da Nuvolara ricercato Leonardo se l’avesse voluta servire, e che il pittore era disposto a far ciò volentieri, qualora si fosse potuto spiccare senza suo danno dalla Maestà del re di Francia. La lettera, il cui originale è nell’archivio di San Fedele di Milano, fu pubblicata dal Calvi nelle Notizie su Leonardo da Vinci. Leonardo, partitosi da Milano insieme col Paciolo, pare che prima di ritornare a Firenze visitasse Venezia e portasse seco il ritratto della marchesana di Mantova: il che si prova da una lettera di Lorenzo da Pavia, scritta nel 13 di marzo 1500, alla stessa Gonzaga.
Vienna. Galleria Imperiale di Belvedere. — Erodiade che comanda al carnefice di porre nel bacino la testa di san Giovanni, in figure intere grandi quasi quanto il vivo. Da alcuni però viene attribuita a Cesare da Sesto. Se ne ha un intaglio nel t. IV dell’opera Galerie I. et R. du Belvédére à Vienne, Vienne et Prague, 1821-28. — Nella illustrazione si dice che questa tavola fu un tempo l’ornamento del palazzo del cardinale Mazarini a Parigi; che un certo Ficini, italiano, fattane una copia esattissima, la pose in luogo dell’originale, portato da lui a Firenze, donde passò nella galleria suddetta; e che la biblioteca Ambrosiana di Milano possiede gli studi a lapis rosso di questo quadro.
Dresda. Galleria Reale. — Ritratto in tavola d’uomo in età matura, con barba, berretto in capo ornato di gemme, riccamente vestito e coperto da un’ampia pelliccia. Ha la destra coperta di guanto, e colla sinistra tiene un pugnale inguainato. Varie sono le opinioni sulla persona ritratta in questa tavola. Vi ha chi lo crede Francesco I di Francia; altri, Francesco Sforza duca di Milano. Modernamente si è messa in dubbio l’autenticità del quadro, coll’attribuirlo al giovane Holbein, e si è creduto che sia il ritratto del Morett, gioielliere di Enrico VIII. Ma gl’illustratori dell’opera magnifica La galleria di Dresda (col testo francese e tedesco), pubblicata a Dresda con stupende tavole litografiche, credono di aver forti ragioni per dubitare ch’esso non sia il ritratto di Francesco Sforza, e lo tengono piuttosto per quello di Lodovico Sforza suo figliuolo, detto il Moro, riflettendo che il padre suo era già morto sedici anni innanzi che Lodovico invitasse Leonardo a Milano. — † A noi non pare neppur probabile che questo ritratto sia del Moro, perchè essendo barbato contraddice al costume di que’ tempi, che era di andare rasi ed in zazzera, come si può conoscere da molti ritratti d’uomini di quel tempo.
Monaco. Galleria Reale. — Una Santa Cecilia, figura sino ai ginocchi, in tavola; ed un’altra tavola con Nostra Donna seduta sotto una grotta, che tiene col braccio destro il Bambino Gesù steso da lato sul suo mantello, con una croce in mano. Figure più piccole della metà del vivo.
Annover. — Leda nuda, con due putti, Cupido e il Cigno. Nel fondo si vede un pergolato di mori. La Gazzetta della Bassa Sassonia, annunziando questa scoperta, dice che questo è il famoso quadro commesso a Leonardo da Lodovico il Moro per solennizzare la nascita di due suoi figliuoli gemelli. (Vedi l’Allgemeine Zeitung, n. 41, 6 febbraio 1851). Noteremo però che questa Leda non sembra esser quella che rammenta il Lomazzo nel lib. II, cap. xv, del suo Trattato della pittura, con queste parole: «e Leonardo Vinci l’osservò (l’atto della vergogna) facendo Leda tutta ignuda col cigno in grembo, che vergognosamente abbassa gli occhi».
Aia. Galleria di Guglielmo II re d’Olanda. — Tavola con Leda. L’amata di Giove tenendo un ginocchio a terra fa atto di alzare un bambino che sostiene col destro braccio, mentre colla mano sinistra addita Polluce ed Elena nati da un solo e medesimo uovo. Dall’opposta parte si vede un bambino accosciato presso un uovo rotto, donde sembra esser uscito d’allora. Nel fondo è un paese con un fiume attorniato da casamenti con torricelle, e montuose lontananze, in mezzo alle quali due cavalieri ed un’amazzone corrono a tutta furia. — Questa tavola era nella R. galleria di Assia-Cassel; donde passò in quella di Napoleone alla Malmaison, e quindi in quella del re d’Olanda. Fu venduta all’asta pubblica per 31,175 franchi nell’agosto del 1850.