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alla vita di leonardo da vinci xxix

Hamilton soli trenta ducati, perchè si teneva per una copia. Esso fa parte della collezione del conte di Suffolk. Due Angeli di grande bellezza ch’erano ai lati del quadro principale, al presente sono nella galleria del duca Melzi. Anche di questo quadro esistono parecchie ripetizioni assai belle, e tra le altre una nel museo di Nantes. — Il quadro del Louvre, dipinto primieramente in tavola, fu trasportato in tela, dopo la restaurazione del 1815.

— La Madonna detta delle Bilance. La Vergine sta seduta tenendo nelle sue ginocchia il Divino Infante, cui l’arcangelo san Michele in ginocchione presenta una bilancia, simbolo della Giustizia eterna. Presso la Vergine, sant’Elisabetta sostiene il piccolo san Giovanni, ch’è seduto, con un agnello. Questa tela faceva parte della collezione di Luigi XIV. Dal Waagen è attribuita a Marco d’Oggiono, e dal Passavant al Salaino, dal Mündler a Cesare da Sesto.

— Tavola rappresentante Gesù, che, seduto sopra un cuscino e sostenuto dalla sua Madre, riceve una croce di giunco presentatagli da san Giovanni. Appartenente all’antica collezione. Il Passavant e il Waagen pensano che questa tavola derivi dalla scuola romana. Quest’ultimo critico la riguarda come una bella opera di Pierin del Vaga. Il Mündler crede ch’essa sia di Bernardino Luini; non del tempo suo più bello, ma della sua vecchiezza, quando, ingegnandosi d’innestare sul suo vecchio stile motivi raffaelleschi ed elementi della scuola romana, turbò, per così dire, il fonte della sua inspirazione e divenne inferiore a sè stesso.

— Bacco seduto sopra una pietra, coronato di pampini, si appoggia ad un tirso. Proviene dalla collezione di Luigi XIV. L’inventario della Restaurazione assegna questa tela solamente a qualche allievo di Leonardo. Il Waagen l’attribuisce egualmente ad un suo scolare, e il paese gli sembra dipinto dal Bernazzano. Il Passavant giudica questa pittura come originale, e pensa che primieramente rappresentasse un San Giovanni nel deserto, a cui posteriormente furono aggiunti i pampini e i grappoli. Una copia antica e colle sembianze di san Giovanni si vedeva nella chiesa di Sant’Eustorgio a Milano. — † Si sa che Leonardo dipinse un Bacco, venduto nel 1505 da Antonio Pallavicino, e passato allora in Francia. (Vedi un articolo del marchese Giuseppe Campori negli Atti di Storia patria parmense e modenese del 1865).

— Ritratto di Carlo d’Amboise, maresciallo di Chaumont (il Ciamonte). Porta in testa un berretto ornato d’una medaglia e una collana d’oro al collo. Questo ritratto fu anche creduto quello di Luigi XII; ma è ormai provato esser quello del Ciamonte,1 e per tale fu inciso dal Thevet. Il Passavant lo stima opera del Beltraffio; il Mündler, con buone ragioni, di Andrea Solario.

— Ritratto di donna in tavola; la testa è veduta di tre quarti; i capelli sono lisci; la fronte è cinta da una cordellina nera fermata da un diamante; il suo collo è ornato da un cordone, e in dosso porta una veste rossa ricamata. Questo ritratto probabilmente faceva parte della collezione di Francesco I, e dal P. Dan (Trèsor des merveilles de Fontainebleau, 1642) è indicato come rappresentante la duchessa di Mantova. E stato inciso più volte per la bella Féronnière (amata da Francesco I). Si presume ch’esso offra le sembianze di Lucrezia Crivelli, che Leonardo dipinse a Milano verso il 1497, s’è vero che Lodovico il Moro solo dopo la morte di Beatrice avesse da Lucrezia quel Giovan Paolo che fu stipite dei marchesi di Caravaggio. Il Waagen tiene questo quadro come uno de’ più belli e de’ più autentici di Leonardo.

† Da una lettera del Padre don Pietro da Nuvolara alla marchesa Isabella Gonzaga, scritta da Firenze il 4 aprile 1501, si rileva che Leonardo in quel tempo, essendo a Firenze, attendeva a’ suoi sperimenti matematici forse riguardanti il corso dell’Arno, e che aveva pigliato a dipingere per Florimonte Robertet, segretario del re di Francia, un quadrettino con una Madonna seduta come volesse inaspare fusi e il Bambino posto il piede nel canestrino de’ fusi ha preso l’aspo e mira attentamente

  1. Così opina anche il Feuillet de Conches nel suo scritto: Les apocryphes de la peinture, inserito nella Revue des Deux Mondes, anno 1849, pag. 617.