di Michelagnolo Buonarroti e Baccio d’Agnolo (come a’ suoi luoghi più distintamente si ragionerà); la quale finita con grande prestezza, fu per decreto pubblico ordinato che a Lionardo fussi dato a dipignere qualche opera bella; e così da Piero Soderini, gonfaloniere allora di giustizia, gli fu allogata la detta sala. Per il che, volendola condurre, Lionardo cominciò un cartone alla sala del papa, luogo in Santa Maria Novella, dentrovi la storia di Niccolò Piccinino capitano del duca Filippo di Milano, nel quale disegnò un groppo di cavalli che combattevano una bandiera: cosa che eccellentissima e di gran magisterio fu tenuta, per le mirabilissime considerazioni che egli ebbe nel far quella fuga; perciocchè in essa non si conosce meno la rabbia, lo sdegno e la vendetta negli uomini, che ne’ cavalli; tra’ quali due intrecciatisi con le gambe dinanzi, non fanno men guerra coi denti, che si faccia chi gli cavalca nel combattere detta bandiera; dove appiccato le mani un soldato, con la forza delle spalle, mentre mette il cavallo in fuga, rivolto egli con la persona, aggrappato l’aste dello stendardo per sgusciarlo per forza delle mani di quattro; che due lo difendono con una mano per uno, e l’altra in aria con le spade tentano di tagliar l’aste, mentre che un soldato vecchio, con un berretton rosso, gridando tiene una mano nell’asta, e con l’altra inalberato una storta, mena con stizza un colpo per tagliar tutte a due le mani a coloro, che con forza digrignando i denti tentano con fierissima attitudine di difendere la loro bandiera. Oltra che in terra, fra le gambe de’ cavagli, v’è dua figure in iscorto che combattendo insieme, mentre uno in terra ha sopra uno soldato, che alzato il braccio quanto può, con quella forza maggiore gli mette alla gola il pugnale per finirgli la vita, e quello altro, con le gambe e con le braccia sbattuto, fa ciò che egli può per non volere la morte. Nè si può esprimere il disegno che Lionardo fece negli abiti dei soldati, variamente variati da lui; simile i cimieri e gli altri ornamenti, senza la maestria incredibile che egli mostrò nelle forme e lineamenti de’ cavagli, i quali Lionardo meglio ch’altro maestro fece di bravura di muscoli e di garbata bellezza.1
- ↑ * Il cartone del Vinci, fatto a concorrenza col Buonarroti per la sala del Consiglio, dopo aver servito di studio ai più grandi artefici di quell’età, andò disperso, e solo ne fu serbata la memoria da qualche incisione. Il gruppo, quale è descritto dal Vasari, lascia in dubbio se il cartone di Leonardo rappresentasse la battaglia combattuta nel 1440 presso Anghiari tra i Fiorentini e Niccolò Piccinino, condottiere delle genti di Filippo Maria Visconti duca di Milano, della quale Leonardo lasciò scritto in una nota tutta la composizione (Amoretti, Memorie cit., pag. 95); o sivvero un episodio di quella, cioè a dire il combattimento di cavalieri intorno a una bandiera. È probabile che, siccome il Vasari non ricorda nessun altro gruppo, ed anche Benvenuto Cellini fa particolar menzione di questo solo nella sua Vita, Leonardo rappresentasse unicamente un episodio di quella battaglia. Le copie di questo gruppo, che oggi si conoscono, sono le seguenti: 1o Una, non finita, dipinta in tavola, è registrata nell’inventario della galleria di Firenze fatto nel 1635 e nei successivi come opera di Leonardo stesso; ma noi, che abbiamo trovato questa tavola nei depositi della R. guardaroba in palazzo Vecchio, siam persuasi che non sia di sua mano. 2o Una incisione in foglio trasversale che sembra fatta su questa tavola, colla scritta: ex tabella propria Leonardi Vincii manu picta opus sumptum a Laurentio Zacchia Lucensi ab eodemque nunc excussum 1538. 3o Un altro intaglio dell’Edelink, che si vuol fatto secondo un disegno molto libero del Rubens; che è il più bello, e più rispondente alla descrizione del Vasari. 4o Un debole intaglio nella tav. xxix della Etruria pittrice, cavato da un antico disegno esistente in casa Rucellai, che si dice copia dell’originale cartone; e questo corrispondente alla tavola non finita, che abbiamo rammentato di sopra. 5o Una litografia