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iv | giorgio vasari |
Vinci;1 e nella erudizione e principj delle lettere arebbe fatto profitto grande, se egli non fusse stato tanto vario ed instabile. Perciocchè egli si mise a imparare molte cose; e incominciate, poi l’abbandonava. Ecco, nell’abbaco, egli in pochi mesi ch’e’ v’attese, fece tanto acquisto, che movendo di continuo dubbj e difficultà al maestro che gl’insegnava, bene spesso lo confondeva. Dette alquanto d’opera alla musica; ma tosto si risolvè a imparare a suonare la lira, come quello che dalla natura aveva spirito elevatissimo e pieno di leggiadria, onde sopra quella cantò divinamente all’improvviso.2 Nondimeno, benchè egli a sì varie cose attendesse, non lasciò mai il disegnare ed il fare di rilievo, come cose che gli andavano a fantasia più d’alcun’altra. Veduto questo, ser Piero, e considerato la elevazione di quello ingegno, preso un giorno alcuni de’ suoi disegni, gli portò ad Andrea del Verrocchio ch’era molto amico suo, e lo pregò strettamente che gli dovesse dire, se Lionardo attendendo al disegno farebbe alcun profitto. Stupì Andrea nel veder il grandissimo principio di Lionardo, e confortò ser Piero che lo facesse attendere; onde egli ordinò con Lionardo ch’e’ dovesse andare a bottega di Andrea: il che Lionardo fece volentieri oltre a modo: e non solo esercitò una professione, ma tutte quelle, ove il disegno s’interveniva; ed avendo uno intelletto tanto divino e maraviglioso, che essendo bonissimo geometra, non solo operò nella scultura, facendo nella sua giovanezza di terra alcune teste di femine che ridono, che vanno formate per l’arte
- ↑ Fu figliuolo naturale di ser Piero d’Antonio di ser Piero di ser Guido da Vinci, natogli da una certa Caterina, donna di Cattabriga o Accattabriga, di Piero di Luca del luogo stesso. Dalle denunzie pubblicate dal Gaye (I, 223, 224) si viene a sapere con certezza che il nostro Leonardo nacque nel 1452. Vinci è castello nel compartimento fiorentino, presso Empoli.
- ↑ Delle poesie di lui non ci resta che il seguente sonetto, conservatoci dal Lomazzo e ristampato più volte:
Chi non può quel che vuol, quel che può voglia;
Che quel che non si può, folle è volere.
Adunque saggio l’uomo è da tenere,
Che da quel che non può suo voler toglia.
Però che ogni diletto nostro e doglia
Sta in sì e no saper, voler, potere.
Adunque quel sol può, che col dovere
Ne trae la ragion fuor di sua soglia.
Nè sempre è da voler quel che l’uomo potè;
Spesso par dolce quel che torna amaro.
Piansi già quel ch’io volsi, poi ch’io l’ebbi.
Adunque tu, lettor di queste note,
S’a te vuoi esser buono e agli altri caro,
Vogli sempre poter quel che tu debbi.† Intorno a questo sonetto vedasi nel giornale romano Il Buonarroti, fascicoli di giugno e d’agosto 1875, un articolo di Gustavo Uzielli intitolato Sopra un sonetto attribuito a Lionardo da Vinci. Esso non è di Leonardo, ma di Antonio di Matteo di Meglio, araldo della Signoria di Firenze dal 1418 al 1446, in cui morì, al quale è assegnato dalla maggior parte de’ codici del secolo xv delle biblioteche fiorentine.
notizie tolte al Gerli, al Fiorillo e ad altri (Vita ed opere di Leonardo da Vinci, Lipsia, 1834, in-8o), ma senza originali osservazioni e senza critica. Già molto imperfetto era riuscito il saggio di G. C. Brun, Vita ed arte di Leonardo da Vinci. † Di Leonardo molti altri hanno scritto in quest’ultimi anni, massimamente fuori d’Italia. Noi ci contentiamo di registrare, tra gl’Italiani: J. B. Venturi, Essai sur les ouvrages physico-mathèmatiques de L. de Vinci, Paris, 1797; Libri, Histoire des sciences mathèmatiques en Italie; Girolamo Luigi Calvi, nella parte III delle Notizie de’ principali professori di belle arti che fiorirono in Milano, ecc., Milano, Borroni, 1869; Gustavo Uzielli, Ricerche intorno a Lionardo da Vinci, Firenze, Pellas, 1872; e i professori Giuseppe Mongeri, Gilberto Govi e Cammillo Boito, ne’ loro scritti pubblicati nel Saggio delle Opere di Lionardo da Vinci, con ventiquattro tavole fotolitografiche di scritture e disegni, tratti dal codice Atlantico, Milano, Tito di Giovanni Ricordi, 1872, in-fol. max.; il marchese Girolamo Salvaterra D’Adda, nel suo articolo Léonard de Vinci, la gravure milanaise et Passavant, nella Gazette de Beaux Arts, 1869, e nell’altro Leonardo da Vinci e la sua libreria, Milano, 1873, in-8°; e tra gli stranieri: Delécluze, Ch. Clément, Ch. Blanc e Rio; dai quali tutti si hanno più o meno nuovi particolari intorno alla vita ed alle opere così artistiche come scientifiche di Leonardo.