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xiv m. tabarrini

umana, cose a cui non badano tipografi di nome e ricchi di capitali e di materiale tipografico, ma vogliono scegliere libri che onorino le lettere e intendano piuttosto a migliorare che a corrompere.

Promessa di questi lodevoli intendimenti è intanto questo primo volume, che essi offrono ai loro concittadini; e dal quale sperano onesto guadagno ed anche l’approvazione di quanti vedono negli umili principî delle cose l’importanza degli effetti che possono derivarne nell’avvenire.

Questa ristampa dell’opera di Leonardo, per quanto condotta accuratamente sulle migliori edizioni che se ne fecero in Italia, messe a riscontro col codice Vaticano, non ha l’ambizione di dare un testo genuino avvalorato da tutti i sussidi della critica moderna. Il fine che si proposero gli editori, di rendere il libro di Leonardo accessibile al maggior numero dei lettori, anche mezzanamente istruiti, e soprattutto agli artisti, condusse alla necessità di ammodernare l’ortografia e l’interpunzione, di togliere gli arcaismi che rendevano oltremodo difficile l’intelligenza del testo, seguendo per lo più la lezione adottata dal De Romanis nella edizione pubblicata a Roma nel 1817. Condotta così la stampa, non si fece nè più nè meno di quello che avevano fatto i precedenti editori italiani. Se non che si studiò con maggiore accuratezza la collazione del codice Vaticano, correggendo ovunque le altre edizioni se ne erano scostate, e ponendo ai loro luoghi le giunte che in quello confusamente si trovano. Chi guardi l’edizione del codice fatta con grande apparato di dottrina da Enrico Ludwig a Vienna nel 1882, si persuaderà facilmente, che il testo lasciato in quella forma antiquata e scorretta, se avrebbe appagato la critica, la quale esige oggi, non senza ragione, la fedele riproduzione dei testi, non avrebbe sicuramente cresciuto lettori a questa novella ristampa. E di questa opinione furono il comm. Filippo Mariotti ed il prof. Giovanni Mestica,