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a 35] trattato della pittura - parte prima 27

della pittura in tavola, di questo mi accorderei anch’io con la scultura, dicendo così: come la pittura è più bella, e di più fantasia, e più copiosa, è la scultura più durabile, che altro non ha. La scultura con poca fatica mostra quel che la pittura pare cosa miracolosa, cioè a far parere palpabili le cose impalpabili, rilevate le cose piane, lontane le cose vicine; in effetto, la pittura è ornata d’infinite speculazioni, che la scultura non le adopera. Nessuna comparazione è dall’ingegno, artificio e discorso della pittura a quello della scultura, che non s’impaccia se non della prospettiva causata dalla virtù della materia, e non dall’artefice. E se lo scultore dice non poter racconciare la materia levata di soverchio alla sua opera, come può il pittore, qui si risponde: che quel che troppo leva, poco intende e non è maestro; perchè s’egli ha in potestà le misure, egli non leverà quello che non deve. Adunque diremo tal difetto essere dell’operatore e non della materia. Ma la pittura è di maraviglioso artificio, tutta di sottilissime speculazioni, delle quali in tutto la scultura n’è privata per essere di brevissimo discorso. Rispondesi allo scultore, che dice che la sua scienza è più permanente che la pittura, che tal permanenza è virtù della materia sculta e non dello scultore; e in questa parte lo scultore non se lo deve attribuire a sua gloria, ma lasciarla alla natura, creatrice di tale materia.


35. Dello scultore e del pittore.

Lo scultore ha la sua arte di maggior fatica corporale che il pittore, cioè più meccanica, e di minor fatica mentale, cioè che ha poco discorso rispetto alla pittura, perchè esso scultore solo leva, ed il pittore sempre pone; lo scultore sempre leva di una materia medesima, e il pittore sempre pone di varie materie. Lo scultore solo ricerca i lineamenti che circondano la materia sculta, ed il pittore ricerca i medesimi lineamenti, ed oltre a quelli ricerca ombra e lume, colore e scorto, delle quali cose la natura ne aiuta di continuo lo scultore, cioè con ombra e lume e prospettiva, le quali parti bisogna che il pittore se le acquisti per forza d’ingegno e si converta in essa natura, e lo scultore le trova di continuo fatte. E se tu dirai: egli è alcuno scultore che intende quello che intende il pittore, io ti rispondo che donde lo scultore intende le parti del pittore, ch’esso è pittore, e dove esso non le intende, ch’egli è semplice scultore. Ma il dipintore ha di bisogno sempre d’intendere la scultura, cioè il naturale, che ha il rilievo che per sè genera chiaro e scuro e scorto. E per questo molti ritornano alla natura per non essere scienziati in tale discorso d’ombre e lume e prospettiva, e per questo ritrattano il naturale, perchè solo tal ritrarre ne ha messo in uso, senza altra scienza o discorso di natura in tal proposito. E di questi ce n’è alcuni che per vetri ed altre carte o veli trasparenti riguardano le cose fatte dalla natura, e quivi nella superficie delle trasparenze le profilano, e quelle colle regole della proporzionalità le circondano di profili, crescendole alcuna volta dentro a tali profili, l’occupano di chiaro scuro, notando il