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FUSI E FILA 73

della signorina. Ella gli lanciò uno sguardo freddo come per dire: cosa c’entra Lei? E ripetè la domanda: «Ci abbandona?»

Ma, quando Alberti s’impuntava, non era facile, metterlo da parte così.

«Eh sì, lo cacciano via!» ripetè alla sua volta, parlando piuttosto allo stesso don Aurelio che a Lelia. «Lo caccia via l’arciprete! Lo caccia via perchè si è tenuto il protestante in casa! Oppure lo caccia via perchè lo crede modernista, non dica di no!»

A Massimo la umile mansuetudine di don Aurelio verso i suoi nemici pareva qualchevolta soverchia, riusciva irritante. Gli era parsa soverchia un momento prima, quando l’amico aveva parlato del suo successore bisognoso di pane per la famiglia. Bruciava di dirglielo in faccia, di fargli riconoscere espressamente la verità. Durante la sua sfuriata, don Aurelio non fece che protestare a monosillabi; poi espresse il vivo dolore che gli facevano quelle violenze di linguaggio, quelle accuse non dimostrate.

«Eh capace!» si brontolava a capo chino, il signor Marcello, pensando all’arciprete. «Capace! Capace!»

«L’arciprete sa benissimo che non sono modernista!» esclamò ancora, con un ultimo gesto di protesta, don Aurelio, cui l’arciprete aveva fatto realmente, circa quel punto le più ampie dichiarazioni di stima.

«Euh!» fece il signor Marcello. «Lei, modernista!»

«Non lo è certo» disse Massimo. «È forse tutt’al più un modernista come poteva esserlo Antonio Rosmini. - Lo dicono anche di me» soggiunse candidamente.

Don Aurelio ebbe un sussulto di riso.

«Tu... tu... tu...!» esclamò con una reticenza eloquente.

Massimo sentì e, volti gli occhi, incontrò il lampo di uno sguardo di Lelia, che gli passò il cuore come una