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FUSI E FILA 67

«E dunque?» diss’ella. «Lo ha trovato?»

All’udire che Carnesecca era in viaggio verso il villino delle Rose, si alzò in piedi stupita, contenta che fosse così, desiderosa di affrettare il ritorno al villino. Congedò, benchè mortalmente stanca, la ragazza di Lago, per poter discorrere con don Aurelio del suo licenziamento, delle forme, delle ragioni. C’era poco a dire e don Aurelio troncò anche le congetture ch’ella proponeva, sia perchè gli stava sul cuore un altro discorso, sia perchè temeva parole di lei troppo sdegnose contro i preti di Velo. E mise subito in campo la sua necessità di conferire con lei circa un argomento assai grave. «Più grave di questo?» chiese donna Fedele. Sì, più grave. Questo era semplice e l’altro era complicatissimo. Avevano quasi raggiunta, discendendo, la carrozzella da nolo che dal castagno candelabro era salita fino al cancello della Montanina. Il curato si fermò, volendo parlare subito.

«Don Aurelio» disse la signora «se ha il coraggio di darmi il braccio, mi fermo; altrimenti vado a sedere in carrozza.» Era pallida, pallida; eppure i dolci grandi occhi sorridevano.

Poichè non erano ancora le undici, donna Fedele trovò che il curato poteva venire al villino con lei e farsi ricondurre alla Montanina per mezzogiorno. Anche se la presenza del vetturino impedisse loro di discorrere durante il tragitto, potevano avere al villino un quarto d’ora di libertà.

Cinque minuti prima di mezzogiorno, don Aurelio spingeva il cancello del portichetto che fiancheggia Santa Maria ad Montes e mette nel giardino della Montanina. Quel gran peso di prima gli si era alleggerito non poco. Donna Fedele aveva accettato di aiutarlo con tale una commozione di buona volontà, ch’egli,