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66 | CAPITOLO SECONDO |
da condurre a fine in quindici giorni? Qui era il caso di confidarsi a donna Fedele. Donna Fedele s’intendeva di queste cose, poteva consigliarlo bene. E donna Fedele, benchè non frequentasse la Montanina, poteva sapere della signorina Lelia più cose che non ne sapesse egli. Guardò l’orologio. Dieci e mezzo. Aveva il tempo di andare al villino e di ritornare alla Montanina per l’ora di colazione. Le occasioni di studiare da vicino la signorina Lelia e di vedere i due giovani assieme erano adesso preziose. Affrettò il passo e prese la strada che scende a Lago prima di toccare Sant’Ubaldo. Attraversando il verde girone ombreggiato di meli e di noci, corso da rivoletti, dove il monte, fra la costa di Lago e la costa della Montanina, riposa, si cercò nella memoria le poche traccie lasciatevi dalla signorina Lelia. L’aveva udita suonare il piano con molta espressione. L’aveva veduta qualche volta scendere per la strada che da Sant’Ubaldo conduce alla Batteria, recando fasci di fiori selvaggi. Parole ne ricordava ben poche e insignificanti. Quando gli avveniva di celebrare a Santa Maria ad Montes, ella c’era sempre, accanto al signor Marcello. Presente a una conversazione fra il signor Marcello e lui circa la lettura abituale del Vangelo, non aveva mostrato alcun interesse per l’argomento. Anzi, ora se ne sovvenne, glien’era rimasto il dubbio che non avesse letto il Vangelo per intero. Non gli pareva brutta ma neppure sufficientemente bella per conquistare Massimo d’un colpo. La sua impressione dell’aspetto era che rivelasse molta intelligenza, un carattere misto di schivo e di capriccioso.
Assorto in questo problema, sarebbe forse passato accanto a donna Fedele senza vederla, s’ella non avesse esclamato: «oh, don Aurelio!» Era seduta colla ragazza di Lago sopra un grosso tronco atterrato, poco più su della svolta che piega verso la Montanina.