Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
FUSI E FILA | 57 |
quel pover'uomo non c’entra per nulla e adesso si fa del male, stamattina aveva ancora febbre. E Lei non lo ha veduto uscire?»
Donna Fedele, intenta a guardare la Lúzia che stava raccogliendo piselli, non aveva veduto nè udito, come non aveva veduto nè udito la Lúzia.
Don Aurelio pensò un piano d’inseguimento.
Conveniva decidersi. «Io non posso correre» disse donna Fedele, sorridendo. Poteva correre tanto poco che, dopo avere stretto in silenzio la mano al curato, si ricondusse alla sua seggiola. Più tardi le bisognò pregare la ragazza di Lago, portatrice del latte, che le desse di braccio fino al castagno candelabro dove l’attendeva una carrozzella da nolo.
Don Aurelio scese di corsa verso Lago coll’idea che Ismaele si fosse diretto alla Montanina. Massimo salì verso Maso. Il curato giunse fino ai castagni della costa dove biancheggia la villa Trento, senza incontrare anima viva. Possibile che Ismaele fosse già passato? Un uomo sulla sessantina, febbricitante, quasi digiuno? Impossibile. Don Aurelio si fermò colpito da un’idea. Se quel diavolo d’uomo, supponendo tutto quello che supponeva, fosse andato ad affrontare l’arciprete? Pensandoci, la cosa gli parve più che probabile. Pur troppo! Si battè la fronte, ritornò frettoloso sui suoi passi invece di salire diritto, per l’accorciatoia, da Lago a Sant’Ubaldo, prese la via che, a pochi passi dalla Chiesa, raggiunge l’altra, scendente a Velo. Ecco Massimo che ha trovato gente sulla strada di Maso. Nessuno ha veduto Carnesecca. Don Aurelio non dubitò più.
«Vado io, a Velo» diss’egli «e ci devo andare solo. Tu va alla Montanina, dove ti aspetteranno.»
Massimo gli domandò se, quando non gli riuscisse di ricondursi Pestagran a casa, la camera di Pestagran restando vuota...