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FUSI E FILA 49

cora che col proprio corpo. Lo vedeva in pericolo grave fino a che non avesse incontrato e amato di amore una donna degna di diventare sua moglie; la quale, liberandolo dalle tentazioni, gli creasse intorno una rete di affetti e d’interessi familiari, che valesse anche ad appartarlo dalle lotte religiose. Don Aurelio, sia per la mitezza del carattere, sia per il suo concetto dei particolari doveri impostigli dall’abito ecclesiastico, non era uomo di combattimento. Nelle questioni religiose non apriva la sua mente che a Dio, da Lui solo aspettava, pregando, il trionfo della verità e della Chiesa. Una conferenza di Massimo sugli eretici italiani del secolo XVI, tenuta recentemente a Milano, gli aveva suscitato contro una tale tempesta d’insulti rossi e neri, un tale putiferio di commenti anche dalla gente amica del quieto vivere e ostile a chi non le somiglia, che don Aurelio consigliò il giovine amico di togliersi per qualche tempo da quel trambusto e gli offerse la propria ospitalità, povera di agi, ricca di pace.

«Bravo che sei venuto!» esclamò. Poi, come per un sopraggiunto moto dell’animo, strinse ancora più forte il braccio che già teneva stretto a sè. Massimo sentì nella stretta qualchecosa che lo turbò. Dubitò che quella tacita dimostrazione di affetto intenso coprisse giudizi non voluti esprimere o forse li precedesse: giudizi non scevri di biasimo. Gli parve un’antecipata scusa, una protesta di non volerlo offendere.

«Mi ha disapprovato anche Lei» diss’egli, triste.

«Caro» rispose don Aurelio «posso non averti approvato in tutto, ma in questo momento penso solamente che hai sofferto.»

- Posso non averti approvato in tutto. A queste parole Massimo si sentì nel petto come un arresto del sangue e poi un freddo, un formicolio, un peso di