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46 | CAPITOLO SECONDO |
più si sentiva portata a un’amicizia calda. E donna Fedele, lontana dal sospettare il vero, credette alla sua volta di averle ispirato antipatia. Se ne dolse in cuore, ma non era nel suo carattere, poco espansivo, di fare qualchecosa per guadagnarsi l’animo della giovinetta. Dopo la morte della signora Trento, vedendosi mal gradita dalla persona che a Marcello era cara e sacra come una parte superstite di suo figlio, si astenne dal recarsi alla Montanina. S’incontravano abbastanza spesso, ella e Marcello, sulla strada che da Velo mette ad Arsiero passando poco sotto la villa. Allora conversavano, facevano cammino insieme. Di Lelia non parlavano mai. Quello era un punto freddo che neppure Marcello amava toccare. Perchè conosceva le singolarità di donna Fedele, inclinata a sentire fortemente simpatie e antipatie, si era persuaso che Lelia le fosse antipatica e n’era ferito nella religione di suo figlio. Come da piccoli fori profondi sino alle viscere di certe montagne fiata, l’estate, per l’erba un freddo che l’esperto avverte anche nel sole, così nell’amicizia di Marcello per donna Fedele spirava da quel punto oscuro una lieve freddezza, occulta ma sensibile. Donna Fedele lo comprendeva e taceva. Non avrebbe voluto che il vecchio sapesse di chi era veramente, secondo lei, la colpa, se colpa v’era. Mai non gli avrebbe detta una parola contro Lelia. Nel riverente affetto di lei nessun freddo era spirato.
Ella rialzò gli occhi sul volto del vecchio che ritornava dalla balaustrata, tutto raccolto in sè, alla sua panca, mentre don Aurelio si voltava, a dire: Dominus vobiscum. Massimo guardò l’amico, pensando esserne veduto; ma l’amico non lo vide. I suoi occhi mistici non parevano vedere le cose della terra. Il giovine lo trovò dimagrato e invecchiato dopo l’ultimo loro incontro. Era dimagrato, invecchiato e più illuminato, nel viso, di spirito.