dieci anni quando, all’indomani della liberazione del Veneto, il colonnello Vayla di Brea comperò il villino delle Rose, presso Arsiero. Marcello aveva passati i trenta. I suoi genitori vivevano ancora e le due famiglie, use godersi le vacanze in Val d’Astico, si legarono subito. La piccola Fedele diede segno di una simpatia strana per Marcello. Egli si divertiva spesso a suonare con lei a quattro mani, tocco da quel sentimento infantile. Quando si fidanzò, la bambina, ch’era sui quindici anni e si faceva assai grande, mutò contegno, parve evitare Marcello anzichè ricercarlo come in passato; ed egli fu il solo a sospettare voluto questo mutamento, a sospettarvi una di quelle vere e proprie inclinazioni amorose, che qualchevolta si son viste, di ragazze giovanissime per uomini maturi. Quindi, non per diffidenza di sè, che anzi n’era annoiato, ma per riguardo alla ragazza, smise ogni familiarità con essa. A diciott’anni donna Fedele era una bella bruna, alta, slanciata, dai magnifici occhi, dalla voce soave, molto elegante, scarsa di parole, profonda e inesplorabile nei sentimenti, un po’ bizzarra di gusti e di abitudini. Le relazioni fra lei e la moglie di Marcello erano buone, affettuose. Solamente la musica pareva ancora legare Fedele e Marcello; e da questo legame la signora Trento, che non sapeva di musica, era esclusa. Donna Fedele cominciò, poco a poco, a ricercare da capo la compagnia di Marcello e Marcello a goderne. I loro sguardi s’incontrarono più spesso che non convenisse. Un giorno durante una gita sulle alture alpestri di Luserna e di Monterovere, il caso divise per qualche tempo lei e lui dagli altri della brigata. Si smarrirono in una foresta di abeti. L’appassionata fanciulla aveva forse prima sognato un sogno di gioia e di tempesta. Si aggirarono per il bosco palpitando, tremando, senza parlarsi, senza guardarsi mai. Nell’uscirne, Marcello colse un ciclamino e lo porse alla fanciulla, in silenzio. Donna