Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
36 | CAPITOLO PRIMO |
perduta fin dal principio, una religione condannata forse, fatalmente, a perire; per servirla contro farisei e contro liberi pensatori. Perchè non lasciarli a sbrigarsela fra loro, perchè non vivere per tanta bellezza ch’è nel mondo e nella vita, per l’amore e per la gioia, per il piacere squisito, armonico nei suoi elementi di intelletto, di cuore e di senso?
Erano una forma di sfogo amaro, questi pensieri; non una tentazione vera e propria. L’attitudine pubblicamente presa nelle questioni filosofico-religiose con saggi di riviste, conferenze, articoli di polemica, gli aveva composto una figura morale che, se gli era sostegno e decoro, anche gli era carcere, in certi momenti. Lo sapeva e, pensandolo, si alzava già dal davanzale della finestra per rompere il corso delle immaginazioni vane, quando udì voci dalla strada che, sbucando da un folto di castagni, scende lungo la rete di cinta della Montanina. Gli parve distinguere la voce di don Aurelio e una voce di donna. I due parlavano forte a un terzo, entrato nel recinto. Pareva che gli dessero degli ordini. Infatti un individuo comparve sul ponte della Riderella. Nei lievi chiarori stellari che ora rompevano le nuvole Massimo credette discernere, oltre il ponte, due figure ferme, una nera e l’altra bianca. Quell’individuo avanzò dal ponte, si arrestò, perplesso, a guardare la villa, ne fece il giro, s’indugiò un poco dalla parte della cucina, ricomparve; si allontanò verso il ponte e Massimo lo intese dir forte che dormivano tutti. Allora i due si ritirarono verso il cancello. Poi Massimo credette vedere sulla strada, fra il gruppo di betulle che fiancheggia il cancello e il gruppo, più in basso, di pioppi, la figura bianca coll’individuo stesso che aveva fatto il giro della villa.
Don Aurelio, se era lui, doveva essere risalito verso Lago. Il giovine suppose che la signora fosse una tale