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NOTTE E FIAMME 425

«Sola?»

Lelia non rispose, si coperse il viso colle mani. Il giovine gliele afferrò, le sentì cedere, cedere, in un’onda di abbandono che parola umana non avrebbe potuto esprimere. A un tratto resistettero. Egli non ne intese il perchè, trasalì di terrore. Lelia guardò un attimo, ritraendo le mani, verso il sentiero dove passavano due guardie di finanza e un’ombra lievissima di timore le sfiorò il viso. Egli intese, le disse alcune parole incoerenti, forzando a un tono indifferente la voce, che tuttavia tremava più e più, perchè quello che ora non dicevano le mani di Lelia, lo dicevano gli occhi fissi, gravi, cupi di passione. Un lume di sorriso le comparve sul volto, le mani ebbero un picciol moto lento di offerta; coloro erano passati. Massimo riafferrò le mani gelide. Cedevano, però con certo maggiore ritegno che la prima volta, e gli occhi, esperti del pericolo, spiarono rapidamente il sentiero. Egli le mormorò altre parole incoerenti, le offerse il braccio, dubitando che le dispiacesse, lì dove poteva passar gente, venir tratta per mano e pur volendo sentire un vivo di lei. Strinse il braccio, subito concesso, di una stretta che le colorò il viso.

Felice di una gioia di fuoco, ella era ritornata padrona di sè, mentre Massimo, preso da vertigini, non sapeva dirigersi. Piegò verso Dasio. Lelia non disse parola ma il braccio prigioniero spinse dolcemente, deliziosamente, la persona cara verso l’altra parte, verso il bosco; poi, mentre lo sguardo diceva «ti amo, ti amo» si ritirò pian piano dalla stretta. Ella prese a camminare, sul sentiero angusto, davanti a Massimo. Ogni tre o quattro passi voltava il capo, lo fissava senza proferir parola. Talvolta nella prima dolcezza degli occhi quasi velati si accendeva rapidamente un fuoco scuro. Allora quegli occhi tornavano al cammino, come se l’anima non potesse sopportare il gran fuoco. Nel bosco i due