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PRELUDIO MISTICO 31

un testamento a suo favore, se fosse costretta a un rifiuto, quale disgustosa lotta con suo padre! Egli simulava miseria con lei; le scriveva spesso lettere ignobili, chiedendo denaro. Ne aveva ricevuta una quella sera stessa. Lo vedeva già piombare, se il signor Marcello morisse, alla Montanina, infettarla colla sua presenza, aggrapparvisi. Confidava nella propria energia, non aveva paura di suo padre; ma ribrezzo sì.

Tutto questo sentì e pensò esclamando «io?». Marcello le prese una mano, gliela strinse, con intenzione che le dita parlassero.

«Sì, cara» diss’egli, tranquillo. «Tu.»

Gli rispose un sussurro, un alito lieve lieve:

«No, papà.»

Marcello sorrise, ingannandosi sulla qualità di quel diniego.

«Sono vecchio» diss’egli «e non tanto robusto, credo. Potrei vivere degli anni, ma il Signore potrebbe anche chiamarmi presto. Ti pare proprio che mi debba rincrescere di partire presto, colla speranza che ho?»

Lelia, per tutta risposta, si chinò a baciar la mano che stringeva sempre la sua.

«Dunque!» proseguì Marcello. «È naturale che si parli insieme di certe cose. La Montanina gli è stata cara e io ho fatto tanto perchè gli fosse cara! Sarà cara, spero, anche a te. Volevo dirti delle scogliere. E volevo anche dirti che se ti si offre occasione di comperare i castagni oltre la strada, devi farlo; perchè lo potrai fare, largamente.»

Lo interruppe un appassionato gemito:

«No, papà, no, papà, non mi parli di questo!»

Marcello tacque ed ella sentì il bisogno di chiarirgli il suo inganno:

«Non pensi a me per Sua erede! Non posso, io, essere Sua erede!»