Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
394 | CAPITOLO DECIMOQUINTO |
cosa tanto necessaria, tanto urgente? Donna Fedele andò quasi in collera.
«Scrivi!» diss’ella. La cugina gemette «o mi povra dona!» e scrisse. Donna Fedele, aiutata da lei, si spogliò. Quando fu a letto, si fece portare l’orario delle ferrovie, lo sfogliò, lo meditò e finalmente dettò alla cugina un terzo telegramma, diretto a don Aurelio:
«Sarò Milano...»
«Là là!» fece la cugina Eufemia, scrivendo, contenta di apprendere che a ogni modo si partiva e si andava verso Santhià.
«Posdomani, vuoi dire?»
«No, domani.»
«Domani?»
La cugina, esterrefatta, rimase a bocca aperta. Domani era venerdì. Donna Fedele continuò a dettare:
«... alle ventitrè. Prego fissarmi due camere albergo Terminus. Scuse. Saluti.»
«Ma partire domani» esclamò l’Eufemia «è impossibile. Bisogna fare i bauli questa notte!»
«Non si parte mica domattina» rispose donna Fedele. «Si parte nel pomeriggio e non si portano bauli.»
«Non si portano bauli?»
Donna Fedele riflettè alquanto. Sì, la cugina poteva portare il suo baule. A lei bastavano una valigia e una borsa. La cugina ammise che, così stando le cose, si poteva partire. Il baule suo era piccolo e mezzo fatto. Donna Fedele le raccomandò i telegrammi e la carrozza da ordinare ad Arsiero per le due. Poi la congedò.
Rimasta sola, liberò con tenerezza le due lagrime più dolci della sua vita, che non aveva voluto mostrare alla cugina. Nella sua silenziosa meditazione, ell’aveva pensato il sacrificio della propria vita; e stando alla finestra, nel cospetto delle stelle, lo aveva solennemente offerto a Dio. Aveva offerto la propria vita perchè due anime