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UNA GOCCIA DI SANGUE PATERNO 371

occhi suoi propri. La sua fede era nell’imponderabile, nella impressione che avrebbe fatto alla signorina Lelia un contatto schifoso e tale da lordare schifosamente tutto il suo ambiente. S’ella si rifugiasse nel Signore, in tali circostanze, ne seguirebbe una conseguenza ponderabile: le ricchezze di casa Trento non andrebbero ad alimentare i vizi del padre. Il povero sior Momi venne così segretamente buttato a mare dall’alleato cappellano, il quale teneva però conto di un altro imponderabile, della speranza che lo scandalo di Padova giovasse all’anima sua.

Invece di rispondere alla tacita domanda della siora Bettina, egli le chiese soavemente se intendesse ritornare a casa rifacendo la via percorsa o proseguendo per Lago e Sant’Ubaldo.

«Io reciterò l’ufficio» diss’egli, cavando il breviario.

La siora Bettina sapeva che don Emanuele evitava sempre di mostrarsi alla gente in compagnia di donne. Scelse il giro di Lago e Sant’Ubaldo per timore di un incontro con Lelia reduce dal villino. Posto l’ordine di parlare prima col sior Momi, quell’incontro l’avrebbe imbarazzata. Il cappellano aveva pensato ch’ella fosse per scegliere l’altra via, più breve. Siccome neppure a lui garbava d’incontrare Lelia, non gli restò altro partito che fermarsi, aprire il breviario e dire:

«Allora...»

E alla siora Bettina, per quanto desiderasse supplicare ancora che le fosse risparmiato quel tale calice, non restò altro partito che mormorare malinconicamente «serva sua» e allontanarsi verso Lago.

Don Emanuele non si mosse prima ch’ella fosse uscita della sua vista. Quindi si avviò pian piano. Giunto nella lettura alla prima fermata lecita, chiuse e rintascò il libro. Era sbucato allora allora dai casolari di Lago sulla via che gira in basso il liscio cumulo verde coro-