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370 | CAPITOLO DECIMOQUARTO |
Dopo la messa Ella persuaderà la signorina della convenienza di passare da casa Camin, per un riguardo a suo padre. Vi potrebbero essere lettere, giornali, carte di visita. Adesso in quella casa c’è una persona che non ci dovrebbe essere perchè qui è stato annunciato pubblicamente che andava in Lombardia, che si separava dal signor Camin. È necessario che la signorina Lelia s’incontri con questa persona. Necessario! Non Le dico altro.»
La povera siora Bettina, presa da sgomento, si fermò su due piedi.
«Dio Dio Dio, don Emanuele!» diss’ella. Pazienza rinunciare a Castelletto, pazienza il mucchio di bugie; ma le scenate che potevano succedere! Delle relazioni fra la Gorlago e il sior Momi ell’aveva un’idea vaga. Si era proibito di pensarvi, per uno scrupolo di coscienza. Ora che don Emanuele le aveva aperto gli occhi, l’aspettazione d’incontrarsi con quella donna le dava brividi di orrore. In astratto le peccatrici le ispiravano pietà, in concreto le ispiravano ribrezzo. Se ne avesse trovato alla sua porta una moribonda di freddo e di fame, l’avrebbe lasciata fuori, per pentirsene solo quando la disgraziata fosse morta. Domandò a don Emanuele se proprio volesse da lei una cosa simile. Egli rispose senza parole, con un piegar del capo e un congiungere pio delle mani, che parvero ossequio alla Volontà Superiore cui erano tenuti ambedue di obbedire: prima egli e poi la siora Bettina.
«Dica che sono ignorante, don Emanuele! Dica che sono stupida!» La siora Bettina non osò procedere oltre questo esordio patetico, confessare che non capiva il perchè di una tale macchinazione. Don Emanuele intese ma non rispose. Vi erano nel suo disegno certi imponderabili che non pativano la veste greve della parola. Se lo avesse esposto, lo avrebbe guastato agli