Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
UNA GOCCIA DI SANGUE PATERNO | 369 |
di più grosso a dirle e che voleva dirglielo in un posto più sicuro da interruzioni sgradite. Infatti, appena toccata, sulla strada di Lago, l’ombra dei grandi castagni, don Emanuele, ora figgendo gli occhi in terra, ora voltandosi a guardare se qualcuno venisse loro alle spalle, mise fuori un preambolo sull’assoluta necessità che la siora Bettina tenesse per sè quanto egli aveva risoluto di dirle. Le fece comprendere, senza nominar l’arciprete, che doveva tacere anche con lui. La Fantuzzo, all’idea di nascondere qualche cosa a don Tita, si sentì dare un tuffo nel sangue; ma poi, siccome don Emanuele parlava, non con ragionamenti ma con autorità, di una via indicatagli dalla Provvidenza per la salute di due anime, si persuase che la via fosse tanto stretta da non potervisi passare in tre persone, si compiacque di essere l’eletta e attese il Verbo. Il Verbo fu questo. Poichè la signorina Lelia aveva accennato alla necessità di ottenere il permesso paterno, la siora Bettina poteva fare a meno, adesso, di parlare alla ragazza. Poteva invece affrontare addirittura il sior Momi che arrivava da Padova al tocco, chiedergli la facoltà, anche a nome dell’arciprete, di proporre alla signorina il pellegrinaggio a Monte Berico e il viaggio a Castelletto. Poi conveniva fare la proposta, fissare il giorno. «Domani sarà troppo presto» disse don Emanuele. «Fissi posdomani.» Se fosse stato egli stesso la Provvidenza, non avrebbe disposto con maggiore sicurezza dell’avvenire, di eventi che, in fine, dipendevano anche dalla volontà altrui.
«Andranno a Monte Berico» diss’egli, «e Lei osserverà le disposizioni della signorina Lelia nell’accostarsi ai Sacramenti. Scenderanno direttamente alla stazione. Allora Ella dirà alla signorina che non si sente bene, che Le è venuta l’idea di non andare più a Castelletto, di andare invece ad ascoltare una messa al Santo. Partiranno per Padova col treno delle undici.